Nella foto: Antonio guarda fuori dalla finestra. Un’immagine del reportage Under Pressure – Living with MS in Europe. Spagna Copyright: © 2011, Lurdes R. Basoli
Mi chiamo Cristiano, sono di Torino, ho quarantaquattro anni (ma sono giovanissimo, tant’è che mi è arrivato il foglio rosa l’altro ieri e, si sa, sono cose che capitano ai diciottenni, di solito), una moglie che mi ama e che amo anche dopo quasi vent’anni di vita insieme, un bimbo di sei anni che mi riempie le serate e i pensieri, un buon lavoro. Benissimo, dove sta il problema?
Parole come “sclerosi multipla” nessuno me le ha dette, ma “qualcosa” a gennaio dello scorso anno è entrato a gamba tesa nella mia vita e l’ha rivoltata da cima a fondo, lasciandomi come un naufrago su una spiaggia sconosciuta. Un attacco forte, assoluto, improvviso, se escludiamo i piccoli segnali che si riconoscono soltanto a posteriori. E il mio corpo non mi appartiene più: la vista si annacqua, la vescica non regge più di mezzora, le dita non sentono come prima, le gambe formicolano e tremano e, soprattutto, non sono più capaci di sorreggermi.
Il ricovero, gli esami clinici di ogni tipo, le punture lombari, le prime cure ad ampio spettro, e niente di veramente risolutivo. I valori che dicono e non dicono. Le immagini delle risonanze che non sono mai abbastanza chiare. Eppure, finché si sta in ospedale, si ha una percezione attutita della realtà: in fondo nessuno ti chiede niente, se non di stare a letto; quando devi fare un esame ti ci portano, come tutti gli altri.
Quando esci il mondo ti si para contro come un muro alto sei metri, grigio e impossibile da scalare. Quando esci i medici non sanno dirti altro che una parola oscura “mielite”, non si sa da dove sia venuta, non si sa dove andrà a parare, non si sa che danni abbia fatto e quanto di questi danni sia o meno irreversibile. Ti dicono che “sono cose che vengono e se ne vanno come sono venute, senza un vero perché, bisogna avere pazienza”.
Allora si inizia a portare pazienza, si riesce a fare niente di quello che si faceva prima, si prova a trascinarsi su un paio di stampelle, si scopre di non farcela, si scopre di rischiare di cadere ad ogni passo, si arriva ad affittare una carrozzella, giusto per riuscire a fare qualcosa e raggiungere qualche posto. Ma la pazienza è un peso enorme, e lo sarebbe paradossalmente meno se si fosse da soli a portarlo. Nelle sabbie mobili dell’incertezza e della sospensione di ogni giudizio, chi ti sta accanto, con le migliori intenzioni, diventa un fattore incontrollato e non sempre positivo. Non sa, non può sapere, quello che stai passando. Chi ti sta accanto, e massimamente se è la persona che ti ha scelto (e ti sei scelto) come compagna di vita: lotta insieme a te (e lo senti e ti da sollievo), ti sprona (e questo già diventa un aspetto bivalente, perché ti fa sentire meno solo, ma ti fa sentire anche inadeguato, “colpevole” di non metterci “di più”: lo sai tu che ci stai mettendo tutto te stesso, ma l’altro non lo vede), ti protegge (e questo è sostegno, ma anche vincolo, laccio, che ti impedisce di fare anche quel poco che, senti, potresti fare).
Poi il caso – la “fortuna” – ti fa incontrare un neurologo che finalmente ti guarda negli occhi e capisce che non puoi solo aspettare che passi, che c’è bisogno di fare qualcosa, di ricominciare da capo e, nel frattempo, provare a riprendere a vivere: chiama immediatamente la collega fisiatra e arriva l’inserimento (in day hospital) in una struttura di riabilitazione. Inizia la fisioterapia (finora poco efficacie, ma, chissà, forse utile a non peggiorare ulteriormente), iniziano le pratiche per avere il riconoscimento dell’invalidità, per avere una sedia a rotelle degna di questo nome, iniziano le sedute per imparare a vivere la nuova condizione, ricominciano, con la scansione temporale dei medici (che non è mai quella super accelerata che vorrebbero i malati), gli accertamenti (a tutt’oggi ancora interlocutori).
Quello che permane, però, è la nebbia della diagnosi che non arriva mai a definirsi. E lo strazio, quindi, continua. Continua fino ad oggi. Combattendo, con un corpo che non risponde ai comandi, per costruirsi un nuovo modus vivendi e, purtroppo, combattendo anche con chi ti sta accanto e non può capire, non sa il dolore e la fatica, pure se li vede, e arriva addirittura a dubitare.
Il mio scoglio più grande, adesso, è arrivare a sapere. Ho metabolizzato il fatto che potrebbe essere brutto, e lungo, se non permanente. Ho preso le mie contromisure. Ce la farò anche con questo mio compagno di viaggio, per ora, innominato. È difficile arrivare a farcela, è ancora più difficile arrivare a farcela insieme: non puoi entrare nella testa di un’altra persona, anche se è colei che hai scelto di amare per la vita. È una difficoltà in più.
Io sono qui, vi ho raccontato, per grandi linee, quella che è la mia esperienza di neo-disabile. Ho letto molti post sul blog e mi avete dato delle belle sensazioni di forza interiore e di positività. Sarei davvero felice se leggerete questa mia e sono disponibile a condividere. Vi lascio con una citazione dalla dottoressa Véronique Poulin:
Il concetto di lotta applicato alla comunità scientifica in generale è giustificato. Il problema si pone quando questa nozione di battaglia è trasferita a livello individuale. Sfortunatamente sono i fattori della malattia che determinano la sua evoluzione e la combattività non è sufficiente a contrastarli. Una persona non perde una battaglia contro la malattia, piuttosto ne subisce le conseguenze. Non si muore [o si peggiora – ndr] per mancanza di combattività e, soprattutto, se succede non è una sconfitta personale.
Cristiano A.
La nostra è una battaglia che si combatte ogni giorno..ogni singolo momento..ogni istante. Che siamo in piedi o seduti..che possiamo correre oppure no. Ma SEMPRE riusciamo a volare:-) Un grande in bocca al lupo!!
Grazie Anna,
che tua abbia sempre le ali del cuore per volare.
Un abbraccio
Cristiano
Ciao Cristiano, grazie della testimonianza. Come a te questo blog mi ha dato speranza, voglia di lottare e volare. In bocca al lupo fratello sclerato.
Ciao Manuel,
siamo fratelli anche se non ci conosciamo, possiamo ascriverlo come uno dei pochi meriti della malattia: in mezzo a tanti dolori, a tante limitazioni, ci fa trovare tante persone che possiamo considerare amici.
In bocca al lupo anche a te.
C.
Ciao cristiano. Capisco il tuo stato d’animo aggravato dall’incertezza della diagnosi . Scusa la domanda ma hai fatto un po di cortisone? Penso che il day hospital riabilitativo sia molto importante non mollare! !! Hai provato a consultare il BESTA di Milano ? Magari una volta dato il giusto nome potrebbero esserci anche farmaci appropriati da affiancare alla fisioterapia .
In bocca al lupo 🙂
Ciao Ilaria,
grazie, innanzi tutto per avermi letto.
Di cortisone ne ho fatto molto poco (roba di 5mg al giorno) e mi è stato detto che se non faceva nulla poco, non avrebbe fatto nulla nemmeno in dosi massicce (teoria che ho giudicato dentro di me alquanto strampalata, ma che non ho avuto il coraggio di contestare lì per lì).
Non sei la prima persona che mi parla del Besta, ci ho pensato, ne ho anche parlato al mio neurologo (di cui, nonostante tutto, mi fido): adesso finiamo un certo percorso di terapia e di analisi, poi eventualmente, mi ci manderà lui (cosa che concettualmente preferisco ai “viaggi della speranza” in cui il malato si presenta con i suoi faldoni a chiedere al luminare di “miracol mostrare”).
In bocca al lupo anche a te
Cristiano
Ciao! Grazie a te per avermi risposto! Al BESTA possono darti un parere una strada da seguire può essere importante per essere illuminato sulla tua situazione !sennò anche ad Isernia (ma è troppo lontano forse da te)c’è proprio un centro di sclerosi multipla anche li è solo per un parere non per seguirti costantemente . Giacché le liste di attesa nn sono brevi io se fossi in te prenoterei e poi al momento decidi! Con la mia e forse tua malattia è una lotta contro il tempo ed è una lotta che purtroppo dobbiamo fare da soli…nessuno ti prenderà per mano e ti dirà cosa devi fare per stare meglio perché nessuno lo sa perché ognuno di noi ha sintomi diversi e risposte diverse ai vari trattamenti. Spesso dovrai essere tu a informarti a proporre a provate perché solo tu e non un protocollo di cura sa cosa ti fa bene (fermo restando la fiducia nel neurologo prescelto )!e purtroppo in questa lotta personale spesso chi ci vuole aiutare sbaglia non volendo e anche in questo caso dobbiamo essere noi a indicare la strada giusta a chi ci sta vicino….insomma ci dobbiamo rimboccare le maniche e dobbiamo piano piano costruire nuovi equilibri nuovi rapporti nuove lrospeffive l’importante è non arrendersi mai…forse è un po banale ma è così !!!
Un abbraccio
Ilaria
PS crepi il lupo 😉
Ciao Ilaria,
mica è banale, per niente! Anzi sono dritte che nessuno ti dà e spesso è difficile arrivarci da solo. Io sono rimasto a una visione ideale della cura di un malato: immaginavo una cosa tipo il medico che ti prende in cura si preoccupa di fare tutto quello che è nelle sue possibilità e poi ti indirizza a un altro specialista che può fare il resto, continuando a collegare tutti i risultati degli esami, per costruire un quadro completo.
Invece, ho sperimentato sulla mia pelle che una cosa di questo genere succede solo nei telefilm di Dr. House e che, nei casi dubbi e difficili, che esulano dagli schemi di malattia scolastici, è il malato a doversi informare e a collegare i “puntini” per vedere il disegno completo. Mestiere difficile. E rischioso: io personalmente, non essendo “nel ramo”, mi sento inadeguato a capire e dedurre alcunchè dai dati degli esami clinici, e poi, mi è capitato di chiedere, proporre, indicare, e ottenere il risultato opposto: esser ripreso e rimesso “al mio posto” con atteggiamenti da “lei faccia il paziente, che il medico lo facciamo noi”, oppure esser preso per ipocondriaco visionario.
Grazie ancora per l’attenzione.
Un abbraccio
Cristiano
Ciao Ilaria, sono di nuovo io.
per te che me ne hai parlato (ma per tutti quelli che ne sanno qualcosa): al Besta a Milano, c’è una procedura specifica per riuscire ad avere un consulto? si può richiedere un medico in particolare? avete dei riferimenti?
Giusto per non telefonare al CUP con la mia brava ricetta rossa in mano e non sapere che pesci pigliare ….
Ciao Cris,
mi hanno colpito soprattutto alcune cose che hai scritto. Concordo con la tua descrizione della vita in ospedale: si è come in una bolla; il muro è fuori. E capisco come ti risultino insopportabili i tempi di attesa medici. Quanto ti dicono: “avrà l’esito dell’esame la settimana prossima” ti viene da urlare: “Come la settimana prossima!!! Io lo voglio subito! Non voglio aspettare!”. A me, per la fisioterapia è stato dato un tempo di attesa di otto mesi (otto mesi!!!). Va bene che sarò ancora malato fra otto mesi, ma vi pare possibile? Interpretiamola così: significa che non sono abbastanza grave, c’è chi sta peggio.
Un’ultima cosa: hai mai fatto leggere a tua moglie quello che scrivi qui? Decidi liberamente. Sai tu che rapporto avete. Un abbraccio al tuo bambino (stringi i denti per lui) e ricorda che il blog è sempre qui.
Ciao Paolo,
grazie per aver letto e compreso. Penso che tu sia ormai (tuo malgrado) un veterano di queste situazioni al limite del paradosso nelle quali sembra che l’unico a cui interessi qualcosa di come ti senti sia te stesso, mentre per la “comunità medica” (non tutti, eh, ma qualcuno c’è) sei solo una pratica da sbrigare nei tempi e nei modi consentiti dalla burocrazia ospedaliera. E comunque, sei fantastico: mica è da tutti saper trovare il lato positivo di un ciclo di fisioterapia che ti prenotano dopo otto mesi! Un Grande!
In merito alla tua ultima domanda: mia moglie sa tutte queste cose, ma non so se capirebbe il fatto stesso di aprirsi con degli “estranei”, non è facile (e non era facile già normalmente).
Il blog mi da forza e speranza, è come una sorta di autoterapia: condivido me stesso e acquisto consapevolezza di non essere solo. A volte è un rapporto un po’ distante, ma so che c’è.
Grazie ancora.
Un abbraccio
Cristiano
❤️ Mielite anche la mia
Vivo ke tue parole
Ciao Monia,
grazie di aver letto e un grande in bocca al lupo per la tua mielite … ho scoperto solo “dopo” (prima a stento sapevo che esistesse la parola) che cosa significa e, quando credevo di aver capito di cosa si trattasse, il neurologo mi ha spiegato a parole semplice che è inutile cercare di classificare e generalizzare, perchè tanto quanto a esordio e decorso, non esiste una mielite uguale all’altra.
Un bello sconforto, nell’unica soddisfazione di essere, in certo modo, unici!
Un abbraccio
Cristiano
Leggere la tua testimonianza mi commuove…soprattutto per il fatto che anche io mi trovo in una situazione simile alla tua! Da febbraio ad oggi ho avuto due neuriti ottiche e un emisindrome sensitivo-motoria! Fatto già cinque risonanze, liquor e potenziali… Come hai detto tu, esami che dicono e non dicono… Inizialmente stavo male per questa situazione perché per me era più importante sapere e dare un nome a questa mia situazione. Poi mi sono rassegnata, forse perché ho capito che ci sono altre persone che hanno vissuto o vivono nel l’incertezza come me!! L’unica cosa compatibile con i miei malesseri è la SM ed anche i medici mi parlano e mi trattano come se già la diagnosi fosse confermata! Ho pensato che non importa molto cosa figura sul referto medico (perché i medici devono riferirsi a un certo protocollo per poter emettere diagnosi ufficiale), mi interessa che non mi accada più quello che ho dovuto passare in questi mesi… Mi interessa abituarmi a questa “visione annacquata”, all’insensibilità degli arti e ai movimenti goffi e instabili, cercando di migliorare con tutto quello che posso avere a disposizione!! Lotterò con tutta me stessa per non avere quella ricaduta che permetterebbe ai medici di ufficializzare la diagnosi… So che la battaglia è impari ma proverò lo stesso a fronteggiarla!!!
Ciao Cristiano,
ho 47 anni e
mi ritrovo pienamente nelle tue parole. Dallo scorso settembre tutto è cambiato nella mia vita. Da anni continuo ad avere problemi di astenia, forti dolori alle gambe, mancanza di equilibrio. Non posso più fare lunghe passeggiate. Che tristezza
Nessuno ha mai capito i miei problemi compreso quello che, dopo venti anni di matrimonio, doveva strani vicino. Il mio EX marito.
A marzo finalmente è arrivata una diagnosi, dopo un ricovero ospedaliero. Sospetta sclerosi multipla ma il liquor è pulito. Quindi sotto controlli continui, la mia debolezza non va via . La mia
malattia demielinizzante. Vuol dire tutto e nulla.
La mia forza sono proprio le mie figlie e un compagno meraviglioso
Forza Cristiano e un grosso in bocca al lupo
Ce la faremo
Le persone che ti amano prima o poi capiranno i tuoi malesseri.
In bocca al lupo e trai la tua forza da tua moglie e dal tuo piccolo
In bocca al lupo
Grazie Luciana, per aver letto e per gli auguri che ricambio, di cuore.
Che dire: i tempi nostri non sono i tempi della malattia e nemmeno quelli dei medici, viviamo uno sfasamento continuo che si risolve in un rincorrersi di stati, d’animo e fisici, mai in sincrono.
Fai buona vita, per quel che puoi.
Un abbraccio
Ciao Antonio,come tè combatto con laSM …Nn disperare questa è la fase acuta poi cn il bolo cortisonico passerà …..pazienza solo pazienza ….ti riprenderai la tua vita anche se la crisi lascia qualche segno ….Antonio caro Nn abbatterti …,sorridi comunque alla vita
Ciao Vanessa, compagna di viaggio!
Ti auguro ogni bene e che la “bestiaccia” (comunque si chiami) non si svegli e se ne stia buonina a non aumentarti i problemi solo per il gusto di farsi riconoscere.
Però per me la diagnosi invece è importante: so, come dici tu, e qui ti do ragione, che la sostanza di non avere più problemi o almeno di non aumentarli è più importante, ma avere un “nome” ha molti risvolti connotabili positivamente (anche se può essere un nome crudele). Aiuta i medici a focalizzare la cura (se c’è o, almeno, a mirare cure di mantenimento), aiuta i malati e i loro familiari ad avere la giusta prospettiva (non false speranze, non demoralizzazioni ingiustificate), aiuta ad avere un riconoscimento sociale.
E poi, ovviamente c’è la vita, che rimane la cosa più importante, e va vissuta al meglio di quanto ci è concesso, senza mollare mai.
Tieni duro.
Un abbraccio
Cristiano
Ciao Cristiano per me e’ un film che vedo da 12 lunghissimi anni…senza una diagnosi precisa…con terapie non mirate…sempre un forse e mai una certezza…vivo la giornata(se si puo’ chiamare vivere)aspettando gli altri che non arrivano mai….pero’ cerco nel possibile di non arrendermi e anche se e’ faticoso…vado avanti per ottenere quel che mi spetta per diritto….viviamo in uno stato schifoso che per avere un ausilio utile per migliorare anche di poco la qualita’ di vita…ci vogliono anni….se hai voglia di parlare ti lascio la mia mail….un abbraccio non mollare
Ciao Marina (per la mail, non so bene come funzioni, forse potranno metterci in contatto i ragazzi del blog, altrimenti si troverà un modo),
grazie per aver avuto la voglia e il tempo di leggere la mia esperienza. Mi dici 12 anni … mi spaventi! ma anche mi sento meno solo.
E’ tutta una lotta, e lo stato sicuramente non aiuta, soprattutto adesso che sembra si siano accorti che non ci sono più soldi e cercano di tagliare su tutto (taglaindo inevitabilmente anche i rami buoni …): sono sei mesi che mi è stato prescritto uno standing, che mi aiuterebbe a migliorare la stazione eretta, e ieri è venuto fuori che la prescrizione non era completamente corretta e andava rifatta, quindi riparte l’iter …
Tieni duro.
Un abbraccio
Cristiano
Ciao Cristiano, da due anni vivo una situazione simile alla tua. Ho la diagnosi, ma mi manca la diagnosi della diagnosi 😉 Ho avuto una improvvisa lesione al midollo della colonna dorsale che mi ha lasciato prima completamente paralizzata agli arti inferiori, poi piano piano sono riuscita a camminare, anche senza sostegno. Ho spettacolari parestesie permanenti: si va dai formicolii, agli “stiracchiamenti”, punture di aghi, sensazioni di caldo/freddo e, soprattutto sotto i piedi, “cose” stranissime: sento spesso come se mi passassero sulla pianta un trapano lieve, una cosa che ruota…
Mi sono anche operata alla colonna cervicale perché la RM aveva individuato lesioni midollari anche lì. L’intervento è andato molto bene ed è stato almeno scongiurato il peggioramento.
Devo dire che ho trovato medici fantastici all’Ospedale di Cisanello (Pisa) e senza di loro forse non sarei qui a scrivere.
In bocca al lupo e un abbraccio
Patrizia
In bocca al lupo anche a te, Patrizia!
Le sensazioni strane, “spettacolari” come dici, sono all’ordine del giorno. Sono difficili da descrivere, fastidiose da provare, impossibili da spiegare.
Un abbraccio
Cristiano
Sindrome demielinizzante?? Io la chiamo sclerosi multipla da 20 anni e ho imparato a prenderla per il verso giusto. Tranne quando come stasera devo fare la puntura di interferone…..un abbraccio
Ciao Stefania,
ti immagino oggi dopo la puntura … spero sia andata per il verso giusto!
Poi mielite, sindrome demielinizzante, sclerosi multipla, … che la chiamassero pure pippo, pluto e paperino, vorrei solo che mi dicessero chiaro che cosa mi devo aspettare e che cosa si può fare di concreto per curare/contenere.
Il mio neurologo, a precisa domanda, mi ha detto: “per una prognosi, ripassare fra due anni”
In bocca la lupo per tutto.
Cristiano
Per tutti quelli che hanno diagnosi incerte: fatevi fare il controllo degli antifosfolipidi se non ve l’hanno ancora fatto. La sindrome antifosfolipidi anche chiamata sindrome di Hughes può dare sintomi uguali alla sclerosi multipla, tanto é che spesso viene scambiata per sclerosi multipla. Mi raccomando fatevi fare il controllo perché gli antifosfolipidi possono essere molto pericolosi.
La mia diagnosi ad oggi é di mielite di origine ischemica causata da antifosfolipidi. (Inizialmente pensavano fosse sclerosi dato che avevo tutti, ma proprio tutti, i sintomi sensitivi della sclerosi) .
Ciao Cristiano. Leggo il tuo racconto e mi sembra di leggere una storia già sentita, già scritta e già vissuta. Anche io come te sono figlia dell’incertezza… anche io ho avuto una mezza diagnosi che dopo qualche tempo si è rivelata non essere la vera causa del mio problema. Un problema catapultatosi nella mia vita dall’oggi al domani, forse bussando, ma non ascoltando quei tocchi sono andata avanti ritrovandomelo direttamente sul divano.
Sono otto anni che ce l’ho lì… compagno scomodo a cui non posso dare un nome veramente identificativo se non “paraparesi spastica”, che vuol dire tutto e non vuol dire niente. Anche io come te mi sono arrovellata e mi sono detta che dovevo arrivare ad una diagnosi certa. Avere un nome mi avrebbe aiutato ad affrontare questa mia nuova vita (perché non voglio parlare di condizione… non mi piace!). L’ho cercata tanto, senza successo, senza parole certe che dessero chiarezza a questo film che ho vissuto e che forse sto ancora vivendo. Dico forse perché dopo 8 anni, a due settimane dal mio 28simo compleanno, mi rendo conto di quanto io abbia cercato questo nome, di quanto io abbia cercato e voluto risposte a quegli “acciacchi” che mi hanno cambiato la vita quando ancora dovevo conquistarla e di quanto tutto questo mio peregrinare purtroppo non mi abbia portato a nulla di più se non, cosa davvero importante per me oggi, alla consapevolezza di voler solo continuare a vivere la mia vita, a realizzare i miei sogni e ad essere felice.
Per anni questo non sapere mi ha schiacciato, soprattutto quando – in particolare all’inizio – le cose cambiavano ma io non capivo perché… perché in fondo un colpevole non c’era. Anche oggi quando le persone mi vedono con le mie stampelle colorate e mi chiedono, fanno domande… io rispondo a mezza voce e non solo perché non è mai facile gridare ai quattro venti cosa ti ha cambiato la vita in questo modo, ma anche perché, in cuor mio, mentre pronuncio quelle parole, so che vuol dire tutto e non vuol dire niente. Spesso la ferita si riapre…. ma ho deciso di continuare per la mia strada. Faccio costantemente la mia riabilitazione, vedo regolarmente un neurologo che mi ha già aiutato molto (se non altro per la sua onestà e per la forza che mi trasmette), e cerco di vivere la mia vita al meglio delle mie possibilità.
So di essere fortunata perché sono “stabile” e perché sono riuscita a superare momenti anche molto duri (sia fisicamente che mentalmente), ma a volte sapere questo non mi basta.
Ti auguro di trovare ben presto il nome che stai cercando e soprattutto di trovare qualcosa che ti aiuti a stare meglio fisicamente. Un consiglio però voglio dartelo…. abbi cura del tuo cuore e della tua testa, sono le due cose che possono davvero aiutarti molto in questo percorso difficilissimo che purtroppo hai dovuto intraprendere. Abbi il coraggio di aprirti verso chi hai accanto e raccontare le cose che ti passano per la testa… se tieni tutto dentro prima o poi tutto verrà fuori comunque, ma sarà peggio. Datti tempo e non mollare.
Quando leggo queste storie mi sento meno sola, ma allo stesso tempo mi piacerebbe che nessuno si trovasse a vivere questo bruttissimo film…. Ricevere una diagnosi come la SM o altre patologie gravi è difficile e devastante…. ma nessuno può davvero capire le sensazioni (se non lo vive), la frustazione, e il devasto che si vive nel subire qualcosa e non sapere cosa, nel non conoscere il volto del nemico che hai avanti. Ti auguro tanta fortuna Cristiano.
Carissima Alessia, leggere le tue parole mi ha commosso. Grazie per esserti presa il tempo di leggere la mia testimonianza e grazie moltiplicato mille per avermi scritto.
Anche per me un contatto come questo è uno squarcio alla solitudine ed una stampella (colorata e decorata come le tue!) per andare avanti.
Ti auguro bei sogni e di poterli tutti realizzare
Un Abbraccio
Cristiano
Ciao Kris!
Grazie a te per quello che hai scritto e per aver deciso di raccontare la tua storia. Quando ho scritto questo commento mi sono detta… forse ho esagerato, ho colto la tua testimonianza come l’appiglio per sfogarmi come non faccio mai. Dopo tanti anni, come ti ho detto, ho deciso di continuare la mia vita e basta.
Però sapere che il mio sfogo ti è servito mi fa molto tanto piacere. Continua a scrivere, continua a renderci partecipie delle tue emozioni… ma soprattutto continua a fare anche tu dei bei sogni e continua a lottare per realizzarli tutti. Seppur la quotidianità sia difficile…. la tua vita non é finitia.
Un abbraccio
Alessia
Cristiano conosci la Vit. D3?
Ciao Paolo,
no, onestamente ne so poco, se non che è collegata alla fissazione del calcio. Che cosa intendi?
(se preferisci, possiamo sentirci privatamente, i ragazzi del blog hanno la mia mail).
Per intanto grazie della segnalazione, la farò presente anche ai medici che miseguono (per quanto, nella mia esperienza, sia stato sempre molto difficile “suggerire” alcunchè … atteggiamento tipico: “io sono il medico, lei faccia il pasziente”).
Cristiano
Ciao mi chiamo Anna e da giugno anch’io combatto contro qualcosa di indefinito che ora forse si chiama MIELITE!!la mia lesione midollare è piccola ma mi ha portato a camminare e guidare con difficoltà e a stanchezza quasi cronica..qualsiasi piccola cosa è una vetta da scalare..ma voglio, dobbiamo crederci!!!mi sono recata per un secondo parere al Besta di Milano dal dott Confalonieri che è stato molto umano e mi ha rassicurato con altre informazioni..anche se, allo stato attuale nn c’è altro se nn la fisioterapia!!ora sono tornata a vivere con mia mamma dopo 11 anni da sola..ma voglio credere di poter tornare autonoma!!sarebbe bello formare un gruppo per sostenerci e darci informazioni..non molliamo e teniamoci aggiornati!!!
Ciao mi chiamo Federica e dal 2008 la MIELITE è entrata nella mia vita, inizialmente con la sindrome di Brown Sequard, metà corpo con problemi motori e l’altra metà con problemi sensitivi. Fortunatamente dopo un periodo iniziale i problemi motori sono rientrati ma la mia parte sinistra è rimasta ipersensibile e piena di dolori e spasmi. Nel corso di questi anni ho avuto diverse ricadute che mi hanno portato sempre una maggiore stanchezza e dolore. La mia vita è cambiata si non riesco più a fare tante cose ma non mi arrendo, cerco di fare tutto quello che posso lavoro, guido e viaggio cerco di vivere una vita normale anche se la mattina quando suona la sveglia mi viene da piangere perchè questa stanchezza cronica e i dolori costanti non mi fanno stare rilassata ma poi mi vesto con un sorriso e inizio la giornata. Sono contenta di aver trovato un buon team medico al Policlicnico Gemelli che mi segue e che è sempre disponibile, al momento sono in cura con l’azatioprina e tra alti e bassi vado avanti ….”mi piego ma non mi spezzo”
Sono la mamma di una bimba che a 9 anni e’ finita sulla sedia a rotelle senza una diagnosi presa dalla disperazione le diedi l’antibiotico( la sorella stava male con lo streptococco), chissa forse salvandola, da allora ha 4 ricadute l’anno.
Oggi ha 16 anni, fa cicli di antibiotici e riusciumo a non farla paralizzare.quando sono molto acute usa le stampelle.
Perche’?
Nessuno lo sa……… mielite……bah, non ci sono lesioni nelle RMN.
quando lei sta male, non riusciamo a darcene pace e’ paraplegica e poi due settimane di antibiotico e torna la ragazza forte e atletica.
Ho letto tutti i trattatti di medicina nazionale e internazionale.
Niente.
qlc studio in america sugli effetti immunomodulanti dei macrolidi.
.Kissa se un giorno capiremo perche’.
Ps le abbiamo fatto fare anche piscoterapia xche qlc genio ha pensato ad una malattia psicosomatica.
A 9 anni quando si ha tutto l’amore di mamma e papa…..bah
Ma quindi si hanno novità su come poter curare questa mielite?
Ciao, sono Cinzia e combatto con la mielite da 21 anni, i sintomi ultimamente li accuso di più ma nessuno mi crede perché esteriormente sono perfetta….non percepisco nessuna invalidità in compenso spendo tra neurologi fisiatri ecc…..sono stanca e mi piacerebbe trovare qualcuno in grado di aiutarmi/ci siamo esseri umani e abbiamo il diritto di vivere seppur convivere con la mielite una vita dignitosa.
So di essere stata molto molto fortunata…non so il perché…ma so solo che quanto viene scritto di seguito rappresenta ciò che ho vissuto…Mi chiamo Luana, ho 44 anni e dal 19 marzo convivo con una mielite…dopo due mesi di ospedale e la fisioterapia che ancora continuo sto meglio, sto tornando “quasi” alla normalità…ora riuscire a fare due passi a piedi, lavare i pavimenti a casa, guidare per piccoli tratti, poter stare seduta qualche ora a tavola con un amico mi sembra qualcosa di così meraviglioso tanto da lasciarmi stupita e stra-felice…sarebbe troppo facile dire “sono vittima del vaccino”, anche perché non mi sono mai sentita tale…in questi mesi nessuno ha saputo spiegarmi veramente la causa, nessun neurologo,infettivologo,immunologo…tanti forse e nessuna certezza…un medico neurologo mi disse un paio di mesi fa “è come una malattia esantematica: come viene se ne va”! Mi sono fidata e “affidata”…ho lottato contro questa ” paralisi improvvisa” della mia vita, contro le paure, la solitudine, la depressione…ho lottato con una forza che non era mia,solo di questo ho la certezza e ne sono immensamente grata.Non scrivo queste parole per mettermi in mostra né per vantarmi ma perché una cosa importante ho imparato in questi mesi di malattia:la solidarietà tra malati,una grande risorsa…la Solidarietà con chi sta vivendo un momento difficile, un momento di fragilità o paura è il regalo più grande che possiamo fare, oltre ad avere un atteggiamento attento e accogliente verso chi è “dis-abile” anche temporaneamente perché la nostra società per chi vive questa condizione è un viaggio pieno di difficoltà! E quando poi si vive tutto ciò, si sente il bisogno di tornare in pista per “dare” e “fare”…
So di essere stata molto molto fortunata…e non lo voglio sapere il perché!
Ciao a tutti, ho letto tutte le vostre storie e mi sono commossa.
Rivedo nei vostri racconti quello che è successo a mia madre:ora ha 63 anni e da 3 anni dopo un lungo calvario fatto di visite di ogni genere in giro per l’Italia “forse” qualche mese fa ci è stata data una risposta. Mielite cervico dorsale idiopatica. Non si sa da cosa sia stata causata ma solo che il midollo e stato lesionato e non potrà camminare come prima. Almeno così dicono. Fa molta fatica a camminare in quanto “trascina” praticamente la gamba sinistra e si stanca facilmente. Da quasi due anni non guida più e fa fatica a far le faccende domestiche per quanto piccole siano. La seguiamo in tutto e per tutto: dai lavori domestici alla cura della persona.
Ha iniziato privatamente fisioterapia qualche mese fa.
Non oso immaginare quanto dura sia per lei: lei che è sempre stata abituata a lavorare e correre e a dedicarsi agli altri. A un anno dalla pensione ritrovarsi seduta per gran parte delle giornate. Mi piange il cuore a vederla così e non so cosa darei per vederla star meglio!
Eppure per quel che ho potuto documentarmi e capire, Sembra non ci siano cure se non qualche farmaco “contro gli spasmi”. Le vostre esperienze mi confermano questa amara verità? Che” solo” la fisioterapia può evitare il degenerare della patologia? Che bisogna accettarlo e farsi forza e andare avanti di giorno in giorno?!
Grazie per la vostra attenzione. Scusate se mi sono permessa di scrivere la mia “testimonianza indiretta”: anche chi sta vicino e cerca in tutti i modi di sostenere chi si imbatte in queste orribili malattie ha bisogno di sostegno e di “sfogare” la propria rabbia e le paure.
Un grande abbraccio ed in bocca al lupo a tutti voi!