Devo confessare che quando mi è giunta notizia che avrei intervistato Dario Bressanini mi sono emozionato. È da un po’ che leggo i suoi articoli, ed è per me uno dei migliori esempi di come si può riuscire a fare divulgazione scientifica in modo corretto e interessante.
Dario Bressanini è un chimico di formazione e di professione. Insegna Chimica all’Università degli studi dell’Insubria ma, oltre che docente, è un grande divulgatore. La sua passione è: «raccontare il ruolo della scienza e la chimica nella vita di tutti i giorni», dice. Scrive per la rivista “Le Scienze”, mentre online si occupo più di temi di carattere generale, che molto spesso hanno a che fare con il mondo dell’alimentazione, ad esempio i metodi di preparazione e produzione dei cibi. Trovate i suo interventi sui suoi blog de Il fatto quotidiano e Le Scienze blog.
Lo abbiamo intervistato per Tutto quello che avreste voluto sapere sulla ricerca scientifica (ma non avete mai osato chiedere) perché si è spesso occupato di raccontare quello che dice la ricerca scientifica: «che è spesso diverso da quello che viene raccontato sui giornali», dice.
Come valuti l’informazione scientifica sui media?
«Troppo spesso chi fa informazione, sia sui giornali che in televisione, tende ad usare toni un po’ troppo sopra le righe di quello che è necessario».
Troppo sensazionalismo?
«Sì, sia in positivo che in negativo. Spesso vengono alzati i toni, sollevati dubbi e allarmi, oppure al contrario si accendono speranze. Quante volte abbiamo letto “trovata la cura per la malattia X” o cose simili? Però questo non fa bene. Poi troppo spesso si va alla ricerca del complotto a tutti i costi, delle cose nascoste, come se ci fosse un grande complotto mondiale che tiene nascoste chissà quali scoperte scientifiche e farmaci miracolosi. Ecco, diciamo che se uno non è un giornalista scientifico o comunque non mastica scienza rischia di compiere molti più errori e di dare credito fondamentalmente a dei ciarlatani. Un giornalista normale che non ha idea di come funzioni la ricerca scientifica, si veda ad esempio per la cura Di Bella, ha la tendenza a esaltare chi “canta fuori dal coro”, come se cantare fuori dal coro fosse un pregio in senso assoluto e allora di volta in volta salta fuori quello che prevede i terremoti, quello che vuole curare il cancro col bicarbonato, quello che ti vende le tisane che fanno dimagrire senza problemi e se il giornalista non ha formazione scientifica rischia di cascarci».
Cosa deve fare allora secondo te il giornalista per fare un servizio corretto?
«Deve essere in grado di leggersi la letteratura e riuscire a dare una lettura obiettiva; non deve parteggiare per uno o per un altro a seconda delle proprie convinzioni ideologiche, oppure perché magari da una parte c’è la grossa multinazionale e dall’altra c’è il povero ricercatore singolo. La scienza non funziona così, e in più se la ricerca scientifica in un certo campo non ha dato una risposta univoca è giusto presentare tutto e non soltanto una parte».
Bisogna essere scienziati per fare una corretta informazione scientifica?
«È bene che chi tratta temi scientifici abbia competenze scientifiche. Il che non vuol dire essere degli esperti, per carità, io non sono un biotecnologo, però sono in grado avendo una formazione di un certo tipo di prendermi un articolo, leggerlo, valutarne le conclusioni, inserirlo in un contesto più ampio e vedere l’insieme degli articoli pubblicati su una certa tematica che a volte possono essere anche contraddittori, il che può essere assolutamente normale in ricerca scientifica. È chiaro che se non ho una formazione scientifica e mi dicono di andarmi a occupare del nuovo articolo che parla della nuova cura contro il cancro rivoluzionaria, non ho gli strumenti per farmi un’idea per poi presentare al lettore cosa sia effettivamente questa cosa. Chi non ha una formazione scientifica spesso ha difficoltà a districarsi nei temi scientifici, anche in quelli che non sono fonte di controversia».
Spesso, soprattutto in rete, si legge che ” la scienza non è mai sicura di niente”
«Ecco, questa è una caratteristica tipica della scienza, ma in senso positivo. La scienza è in grado di autocorreggersi. L’errore tipico dei giornalisti è prendere per oro colato qualsiasi articolo venga pubblicato. Un articolo che viene pubblicato su una rivista scientifica, anche prestigiosa, è semplicemente il primo passaggio, necessario ma non sufficiente per far sì che la comunità scientifica tutta nella sua globalità legga i risultati di questo studio e li discuta criticamente, per andare magari a trovare un errore nell’analisi, nell’apparato sperimentale, oppure per confermare con altri esperimenti i risultati. Troppo spesso c’è invece la tendenza, appena esce uno studio su un qualunque argomento a uscire con titoli stile “studio dimostra che…” quando bisogna andare coi piedi di piombo, anche perché poi se dopo un po’ (come è possibile che succeda) lo studio viene smentito da altri, chi legge si trova disorientato e pensa che la scienza sia sempre in disaccordo con sé stessa».
In effetti si tende a dare come definitivi dei risultati che definitivi non sono, come mai?
«La scienza funziona in una maniera diversa, spesso si fa un esperimento non tanto per confermare dei risultati, quanto per vedere se sono sbagliati. Il singolo esperimento non vuol dire molto, soprattutto per quanto riguarda il campo medico in cui spesso gli studi sono di correlazione (che NON implica causalità, ma che spesso viene scambiata per tale). L’atteggiamento del giornalista scientifico dovrebbe essere quello di andarsi a guardare l’evoluzione di questi studi nel corso degli anni per vedere cosa e come cambia l’atteggiamento nei confronti di una determinata tematica».
Mi viene in mente che sono anni che di parla di fusione fredda, ma non si capisce mai quando si farà
«Già, la fusione fredda infatti per ora non ha avuto grandi conferme, invece di recente c’è stato un bell’esempio di come la scienza si corregge. È stato fatto un esperimento secondo il quale i neutrini sarebbero andati più veloci della luce: all’inizio c’è stato un grande scetticismo da parte dei fisici, perché un’affermazione del genere era abbastanza eclatante. Sono stati rifatti i calcoli, c’è voluto qualche mese, ma si sono resi conto del fatto che c’era stato un errore. È così che funziona la scienza. Chiaramente se si parla di neutrini alla gente interessa relativamente perché non va a toccare la vita di tutti i giorni, mentre se si parla di malattie e di farmaci il coinvolgimento emotivo è molto maggiore e si tende a ragionare meno di conseguenza».
Sempre riguardo i media, come è possibile difendersi da messaggi diffusi in modo scorretto?
«Non è semplice, in un mondo ideale avremmo tutti una laurea nelle materie specifiche e saremmo in grado di leggere con occhio critico questi messaggi, non essendo questo possibile è necessario affidarsi a fonti attendibili e autorevoli nel campo. Per dire, se uno vuole informazioni sulla nutrizione, non va in rete a cercarsi la pagina di wikipedia, ma piuttosto sulla pagina dell’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti ela Nutrizione) o sulla Società Italiana di Nutrizione, che sono le fonti più affidabili in materia e riassumono lo stato dell’arte di una certa ricerca. Purtroppo questo tipo di fonti vengono appellate, soprattutto in rete, col nomignolo di “scienza ufficiale”, come se esistesse una “scienza non ufficiale”. La scienza o è ufficiale o è ciarlataneria, o le cose sono dimostrate secondo il metodo scientifico oppure non valgono nulla. C’è un po’ troppa leggerezza in giro, anche da parte di alcune trasmissioni che danno credito a ciarlatani, e comunque la prima cosa che consiglio è di andarsi a vedere cosa dice chi è autorevole in un certo campo».
Mi auguro tanto che qualcuno prenda spunto da questo post prima di vendere alla massa l’acqua bagnata…Grazie Dario…!!!
Grazie Max…e io mi auguro che si faccia sempre più buona divulgazione!
Bella intervista, e il tema più che mai attuale. Condivido questo bellissimo TED talk (che peraltro mi ha fatto conoscere proprio tu gabriele – e non smetterò di ringraziarti per questo perchè ne sono diventata spettatrice compulsiva) intitolato “Battling bad science”
http://www.ted.com/talks/lang/en/ben_goldacre_battling_bad_science.html
Anche lui, da guardare e riguardare 🙂
Un bell’esempio di cervello e penna in sintonia.
Il tema della comunicazione in ambito scientifico è interessantissimo oltre cha appassionante
E concordo sul pessimo vizio della “teoria del complotto” e dell’esaltazione delle voci fuori dal coro a prescindere dal contenuto.
Bella intervista
Interessante e utile, grazie Gab!