Quando ho deciso di scrivere un libro sulla mia esperienza di ormai quasi quattordici anni di convivenza con la SM, non avrei mai immaginato che la mia “opera” avrebbe avuto un riscontro così ampio e favorevole. Il libro io l’avevo pensato soprattutto per un “ambito familiare”, per così dire, e forse – ancor prima – per me stesso.
Del resto, non ho neanche mai avuto intenzione di proporlo ad una casa editrice (sempre che, poi, un simile manoscritto possa destare un qualche interesse editoriale. Anche perché, diciamolo, in generale, malattia e disabilità sono questioni, fortunatamente vien da dire, un po’ “di nicchia”, per pochi eletti…).
Fin dall’inizio ho deciso perciò di stamparmelo in proprio, ricorrendo a uno di quei siti che forniscono servizi di “self publishing”, appunto.
Per me è stato davvero meraviglioso constatare, poi, come la mia storia e le mie personali riflessioni sull’argomento abbiano saputo raggiungere le persone più insospetate: molto al di là del circuito di amici e parenti, molto oltre la cerchia dei miei stessi “colleghi di ventura”, oltre i confini, cioè, della malattia stessa.
È’ stato profondamente emozionante sentire parole di ringraziamento pronunciate da persone – nient’affatto affette da SM, né coinvolte in modo indiretto con questa patalogia – che dalla lettura del libro mi hanno confessato di aver ricavato gioia di vivere, fiducia, speranza, buonumore.
Sono cose, queste, che mi hanno riempito e mi riempiono di enorme soddisfazione: non c’è impresa più gratificante, forse, che quella consistente nel fare qualcosa per sé e scoprirne poi l’utilità anche a favore di altre persone. Sì, perché il libro è servito, prima che ad altri, a me.
Ma al di là dello scrivere o meno un libro (che è cosa un po’ folle e vagamente megalomane, per certi versi), ciò che vorrei con forza sottolineare è l’importanza della scrittura e la sua potente capacità “terapeutica”: non che scrivere aiuti a guarire da una malattia come la SM, no di certo, però ho l’assoluta certezza che cercare di fare ordine, nero su bianco, fra le vicissitudini personali legate alla propria storia, ai propri quotidiani stati d’animo, alle ansie ed alle paure che ci accompagnano, ecco, tutto ciò ha la capacità di restituirci, se non altro, serenità.
Se posso quindi dare un consiglio, la mia esortazione è quella di trovare, di tanto in tanto, un momento per se stessi e di scrivere. Non importa cosa: un pensiero, un diario, un riassunto delle situazioni che più ci pesano, che più ci danno gioia, qualunque cosa. Qualunque apparente stupidaggine, talvolta, è in grado di sortire effetti miracolosi: la scrittura fa bene all’umore, migliora l’autostima, mette in fila le cose che vanno e quelle che non vanno, facendo in molti casi scoprire come queste ultime siano assai meno numerose e rilevanti delle prime.
Flavio Careddu
Piacere, sono lara. Ho 21 anni, ed è più o meno un anno che divido la mia quotidianità con la SM. Mi sono ritrovata nelle tue parole, amo leggere e scrivere. Come tu stesso hai detto “la scrittura fa bene all’umore”, ed è proprio cosi, quando immergo i pensieri su di un testo evado completamente dalla realtà, e le frustrazioni o le paure che posso avere in alcuni momenti passano direttamente da me alla carta. Quando ho un momento di crisi so perfettamente di poterlo sfogare cosi.
Ciao.. volevo solo sapere una cosa. Come stai? Come ti senti Flavio?