Avevo 4 anni e mezzo e mio fratello era appena nato, non ricordo molto di quel periodo, forse ho rimosso, il dolore è stato tanto che forse non lo ricordo più. Avevo 4 anni e mezzo quando a mia madre diagnosticarono la SM. Lei ne aveva 25 a quel tempo.
I primi ricordi che ho di quel momento si viaggi che i miei fecero perché mia madre era stata inserita in un programma sperimentale, erano i primi approcci all’interferone, e lei lo stava provando. Io avevo forse 6 o 7 anni a quel tempo e mio fratello due o tre, e restavamo con zii e nonni, e partivano per mesi e noi non capivamo, o forse facevamo finta di non capire.
Nessuno era preparato a quell’evento, non era pronta mia madre, troppo giovane per pensare ad una malattia più grande di lei, non era pronto mio padre con due bambini piccoli da crescere e una moglie con una malattia complessa, non erano pronti i parenti e gli amici, impauriti da quella malattia invisibile ma presente.
Si sapeva poco ancora in quel periodo su questa malattia, si sapeva solo che era incurabile e la disperazione ci prese tutti.
Ricordo le centinaia di medici contattati, ricordo alcune volte gli studi medici, gente asettica con camice bianco e una faccia poco convincente.
Ricordo che quando andavano da un nuovo medico e ci lasciavano a casa, rimanevo in attesa che tornassero, e speravo sempre che mia madre tornasse completamente guarita; col tempo sono cresciuto e speravo che tornasse almeno più serena e felice invece che completamente guarita.
Poi si aggiunse la depressione, quei lunghi momenti in cui il senso della vita le scappava di mano, e il suo dolore diventava il mio, la sua disperazione diventava il mio chiodo martellante, avrei fatto di tutto perché quel dolore le passasse, perché potesse guarire, perché potesse vivere serena. Ma niente era utile, non potevo fare niente, e l’impotenza che provavo nei confronti di quella malattia era così grande che non riuscivo neanche a piangere.
Questi sentimenti me li porto dietro ancora oggi, oggi che ho 30 anni e vivo lontano da lei.
Adesso le sue condizioni sono peggiorate, riesce a muoversi poco, ha bisogno di continue cure e ha solo 52 anni, ma sembra accettare più di me questa condizione.
Sembra serena, sembra in equilibrio anche se vorrei vederla felice e spensierata, vorrei vederla come le madri dei miei amici, vorrei vederla venire a trovarmi, vorrei renderla partecipe completa della mia vita.
Il dolore che si prova per questa malattia è immenso, non solo per la persona colpita ma anche per tutto il nucleo familiare.
Parlate coi vostri figli, spiegate e fatevi capire anche se fossero piccoli…capiscono tutto e meglio di quanto possiate pensare, assorbono la paura e non renderli partecipi li lascia a crearsi immagini non vere.
Ora che ho 30 anni, ho capito che qualcuno doveva venire a dirmi cosa stesse succedendo, mi si chiedeva di comportarmi da adulto, ma quando c’era da sapere allora mi trattavano ancora come un bambino, questo mi ha sempre lasciato interdetto.
Se qualcuno mi avesse spiegato con calma cosa stava succedendo avrei evitato pianti spezzati, se la sofferenza mi fosse stata dimostrata sarei stato più forte.
Non ho nessun rimpianto, la situazione era difficile per tutti, voglio solo spronare chi si trova in questa situazione a parlare e condividere, perché un peso cosi grande, se distribuito si alleggerisce almeno un po’.
Siate fiduciosi e cercate di sorridere sempre perché così si allontanano un po’ di nuvole. Rimanete coesi nonostante le difficoltà perché vincere insieme è più bello.”
Alessandro
Ciao Alessandro, è vero che da figlio avresti voluto sapere da subito, ma spesso noi mamme tendiamo a proteggere i nostri figli e pensiamo (spesso sbagliando) che nascondere l verità sia la cosa giusta da fare.
È difficile per una mamma superare i sensi di colpa quando ad un figlio non si può dare il massimo, ma stai certo che la sua serentà la troverà nel tuo sorriso … sii forte e sereno anche tu e grazie per avermi indicato la via giusta da seguire
Un abbraccio
Ciao Alessandro,
ho letto la tua testimonianza devo dire, mi ha colpito moltissimo. Io ho 39 anni è da 5 anni ke mi hanno accertato la malattia, ma da sempre sto male. Ho 2 bambini che ora hanno rispettivamente 13 e 11 anni all’epoca quando mi diagnosticarono la malattia erano piccoli, ma ciò non mi ha impedita di parlare con loro di spiegare cosa fosse la malattia anche se l’ho dovuta imparare prima io. Alla fine hanno accettato la mia condizione anche se all’inizio è stata durissima per loro. Devi sapere che i loro compagnetti non volevano più giocare con loro perché avevano la mamma handicappata, sono stati allontanati da tutti e credimi a farmi soffrire non era la malattia, ,a quello che hanno dovuto patire loro nel vedere una mamma prima super attiva, poi costretta a non potersi muovere. Ora li porto con me al controllo e li faccio vivere con me! Certo per una mamma è un dolore immenso, non trovi ne ragione, né spiegazione, non fai altro che chiederti perché i miei figli debbano affrontare tutto ciò? Però è così e non ci puoi fare niente……se non altro noi ammalati siamo fortunati vediamo l’amore incondizionato che ci date tutti i giorni, e questo ci da la forza di lottare e di andare avanti.
Ciao Alessandro,
La tua testimonianza é preziosissima, primo per la delicatezza che descrive nel tuo rapporto con mamma, poi, più praticamente, per me che mi ritrovo ad essere padre di un bimbi di sei anni e mezzo e disabile.
Non ho ancora una diagnosi certa, ma la malattia mi ha già messo in condizione di Dover affrontare io e spiegare a mio figlio diverse ed evidenti limitazioni. Istintivamente, come per ogni cosa, ho preferito trattare il mio cucciolo come un uomo, ho cercato di spiegare lo spiegabile con parole che potesse capire, ma senza infingimenti. Ciò ha creato un bel rapporto, franco e giocoso belli stesso tempo, tanto che a volte mi viene di pensare di essere un padre migliore adesso di quanto non lo fossi prima.
Lo scoglio grande, perché senza risposta, é quello delle speranze per il futuro: Cosa rispondo al mio bimbo quando se ne esce fuori con frasi del tipo: “allora, papà, quando poi cammini di nuovo, ci andiamo”?
Lì mi blocco e mi viene solo un groppo in gola, il sorriso si fa forzato e gli occhi lucidi.
grazie Alessandro, io ho 63 anni, e da 16 combatto con questa malattia. A suo tempo spiegai ai miei figli che cosa avevo e che cosa stavo facendo per combatterla. Ho trovato nella famiglia (ho moglie e 2 figli) tanta comprensione e tante attenzioni. Sinceramente a volte mi da anche fastidio nel vedere tutte le attenzioini che mi dedicano perche’ mi fanno sentire inutile. Poi rifletto e capisco che realmente sono un portatore di Handicap e che ho veramente bisogno di sentire il loro affetto..
Ti abbraccio con affetto
Ciao, proprio una bella testimonianza. Io ho una bambina di 5 anni e da 4 1/2 la malattia… ogni tanto mi chiedo come farò a spiegarle cos’ho; per ora quando mi vede la sera fare la puntura mi chiede perché. ..a cosa serve. .. si accontenta di sentirsi dire… perché mi fa stare bene. Ma qunado non riesco a correre con lei perché dopo 4 passi inciampo e cado o preferisco l’ascensore perché io decido una cosa ma la mia gamba un’altra… li mi chiedo
.. come glie lo spiegherò. Grazie ancora… io vedo la malattia da genitore ma non riesco ad immaginare come la possa vivere lei e questo ogni tanto mi mette tristezza.
Come faccio a dirlo ad una ragazzina di quasi 12 anni ed una bimba di 5? Non riesco a parlare con loro di questa scomoda amica però neanche glielo nascondo…mi vedono tutte le sere quando faccio le punture di copaxone e aspetto che sono pronte a farmi delle domande…
io ho la malattia e prima di me l’aveva mia mamma. Non ho vissuto il momento della sua diagnosi perché non ero ancora nata,ma ricordo quando è arrivato il deambulatore a casa e poi quando ha scelto la prima sedia a rotelle (avevo circa 4 anni, credo). Da piccola ero molto curiosa e un po’ rompi scatole e così a mia mamma facevo 1000 domande: perché non camminava come le altre mamme, perché non mi veniva a prendere a scuola, perché doveva prendere tante medicine .. e lei con me è sempre stata molto franca e io l’ho sempre aiutata, a volte forse troppo per l’età che avevo. Ho sempre avuto un rapporto con la sclerosi multipla, l’ho sempre vista in casa, come un’ ospite sgradita. Nelle tue parole mi rispecchio, nel desiderio che mia mamma guarisse definitivamente e che potesse vivere serenamente. Tutte le sere sotto le coperte esprimevo lo stesso desiderio, recitavo la stessa preghiera:” fa che guarisca!”, l’ho fatto fino alla fine, mia mamma è morta 4 anni fa e così il cerchio si chiude: anche lei non ha vissuto la mia diagnosi, ma forse è stato meglio così. Penso che se mai avessi dei figli farei quello che ha fatto mia mamma con me, perché purtroppo c’è e ci siamo dentro noi e con noi ci sono quelli che ci amano, anche se non lo vorremmo.
io non ci riesco, ho troppa paura di farle soffrire e per questo continuo a raccontare delle ‘storie’ tutte le volte che mi succede qualcosa scatenato dalla mia ‘cara amica inseparabile’… Prima o poi dovrò farlo, ma non so come farò….
io ho un ricordo di un cartone e di un fumetto dove il protagonista era un bambino che si domandava perché il suo papà stesse male, mi pare fosse arrivato a mia mamma col giornalino dell’aism … io avevo letto il fimetto anche se con lei ne parlavo già, però forse qualcosa del genere può aiutare ad iniziare il discorso … ognuno ovviamente fa quello che crede più giusto, però sapere aiuta anche i bambini a non trovarsi spiazzati, a non sentirsi esclusi da una parte importante della vita della famiglia .. almeno io l’avevo vissuta così .. buona fortuna per tutto, tanti auguri
Noi abbiamo un bimbo di sei anni e quando mio marito ad aprile ha scoperto di avere la SM ci e caduto il mondo addosso. E lui invece che ci tirava su diceva al babbo di tirarsi su e il nostro piccolo uomo ha saputo, con le sue parole ,spronarci per andare avanti . Alessandro capisco ciò che hai provato , perché solo chi vive un dolore del genere può capire
Ciao.
Siamo omonimi, ma purtroppo mi trovo dall’altra parte di questa situazione.
Ho un figlio di 7 anni e da 2 mi hanno diagnosticato la SM, da allora non ho ancora avuto ricadute e peggioramenti marcati, ma non ho ancora trovato il coraggio di raccontare la mia situazione a mio figlio.
Faccio la terapia di nascosto da lui e sto attento a far sparire tutto, in modo che non trovi traccia della mia situazione.
Spero che la situazione rimanga stazionaria il più possibile, e quando proprio sarà impossibile nasconderglielo lo metterò al corrente, nel frattempo crescerà e sarà , spero, più maturo per affrontare questa situazione.
O forse come dici tu , sono solo mie paure.
Comunque grazie per avermi fatto , un po, capire l’altra prospettiva di questa malattia.
Eh non è facile vivere comma Sm io Jo 40 anni due figli di 8 e 10 anni ho scoperto la brutta compagnia nel 2013 il primi mesi è stata dura per me perché non capivo di essere “malata”ma nn ho mai nascosto a miei figli niente sono stati molto male e ho ritenuto opportuno farli parlare con un neuropsichiatria infantile perché per quanto li amo non mi sentivo capace di riuscire a spiegare chiaramente il tutto. È stato bravissimo e li ha aiutati a convivere con noi pensate la sera mi ricordavano di togliere le punture di copione e me le portavano ad orario. Credo come ha detto bene il dottore ai bambini nn bisogna nascondere niente perché il giorno che abbiamo una ricaduta più seria pensano che stiamo morendo nella loro testolina.
Caro Alessandro,io sono nella tua medesima situazione;la differenza unica e’che avevo 12 anni,mio fratello 10.Ritrovo nelle tue parole molte somiglianze con la nostra storia e ti ringrazio per averla condivisa:bisogna che TUTTI,all’interno di un nucleo famigliare,prendano coscienza della realta’”diversa” che viviamo,al fine di potersi confrontare e vivere al meglio questo mondo “nuovo”.la diversita’e’fonte inesauribile di ricchezza,diceva Nietzsche…ma per comprenderlo bisogna conoscerlo…grazie ancora Alessandro
Grazie per la tua testimonianza mi hai commosa!Spesso mi chiedo come se la vivano le mie figlie questa inquilina scomoda che ci è venuta a trovare 5 anni fa dopo che per 10 anni tentava di bussare alla mia porta ma nessuno l’aveva riconosciuta! All’epoca io ne avevo 35 di anni, la “grande” 8 e la piccola 4. Ho sempre saputo che i bambini capisco tutto ciò che gli accade attorno con la pancia e se non si spiega bene loro,con le parole della loro età cosa accade, il rischio è che se ne prendano sulle spalle la responsabilità come da meccanismo” sono stato monello e sono stato punito.” La cosa che ho provato a fare io è stata di pensarmi da piccola quando anche nella mia vita purtroppo a 9 anni è arrivata l’improvvisa morte del mio amato papà che aveva solo 46 anni e che lasciava mia madre di 43 a gestire tre figlie da sola. Tutto questo mi ha aiutato molto a capire che tutto si può affrontare solo se si parla, ci si guarda negli occhi per scorgere i sentimenti che ci attraversano con il coraggio di chi sa che in fondo la felicità anche se nascosta da tanti pesi esiste nella vita di ognuno e sta a tutti noi il dovere di cercarla senza arrendersi mai! Se la vita ci insegna che alcune cose non le possiamo proprio scegliere tutto il resto è nostro e possiamo Viverlo al di là della paura! La mia mamma che da 6 anni non c’è più mi diceva sempre: a tutto c’è rimedio tranne che alla morte. Buona Vita a te e alla tua mamma…si diventa genitori insieme ai figli senza formule magiche e si cerca sempre di fare il meglio! Un abbraccio, mamma Manu
Grazie a tutti dei bei commenti lasciati, capisco la paura e le domande che vi fate e la sofferenza che portate.
Vorrei rispondere a tutti singolarmente, ma non posso, cercherò solo di fare delle considerazioni generali.
Non nascondete perchè è impossibile farlo, state male voi e staranno male i vostri figli, capisco bene che è difficile, ma provate solo a rendere più naturale possibile la situazione. Di naturale e semplice non c’è nulla lo so, ma provate a vivere senza il peso la vostra vita da genitori al meglio che potete.
Questa malattia come saprete coinvolge al 100% tutto, e sopratutto perchè non è una malattia del qui ed ora, ma ci si proietta subito in un futuro che sembra fatto di medicine, deambulatori, piaghe ed ospedali, credo sia proprio quello il problema più grande dell SM, rimanere a pensare e programmare un futuro che sembra a volte lontanissimo e a volte vicinissimo ma che comunque è pieno di sofferenza.
Credo che il punto fondamentale sarebbe proprio cercare di immaginare insieme ai vostri figli un futuro che non vi deve terrorizzare, che non deve essere per forza invivibile.
Poi c’è la colpa…nessuno ne ha, però i bambini invece se ne fanno troppe di colpe, state attenti ai loro segnali, se li vedete troppo responsabili parlategli, devono prendere sulle spalle quello che è giusto per la loro età…io a 10 anni mi prendevo cura di mio fratello, di mia mamma, delle faccende, non davo problemi a scuola e non facevo nessun capriccio…essere dei bambini responsabili è un discorso, ma non spronateli ne responsabilizzateli più del necessario. I miei genitori mi lodavano per la mia maturità, ma la mia non era maturità, un bambino a 10 anni non è maturo…cercavo di rendere felici tutti, mi caricavo del peso di tutti, cercavo di ripulire in senso lato e nel vero senso della parola il dolore che c’era…allora accompagnateli quanto potete in questa responsabilità e non lodateli troppo se si iper-responsalizzano, ma fateli sentire adatti all’età che hanno e a quello che è giusto che facciano.
Non nascondete nulla perchè tanto lo capiscono dal vostro viso che qualcosa non va.
Siate sinceri sempre e coinvolgeteli nel dovuto in quello che state attraversando, in questo modo li responsabilizzerete facendoli sentire parte di una squadra che può vincere.
Sentite i segnali che vi arrivano…mio fratello invece nel suo crescere si è completamente deresponsabilizzato e ha rifiutato tutto, crescendo è cambiato ma da piccolo rifiutava. Siamo le due facce della stessa medaglia, nè l’uno nè l’altro hanno avuto una reazione adatta alla situazione….nonostante la mia reazione fosse vista come perfetta…io non ero grande e non potevo fare cose da grandi, sopratutto non volevo probabilmente anche se mi sentivo bene nel farle.
Questo per dirvi di farvi aiutare ed aiutare allo stesso tempo…siate una squadra, questa è l’espressione più giusta che mi viene in mente, ma allenando voi e i vostri bambini in modo consapevole ed adatto alla loro età ed alle loro capacità.
Grazie a tutti vi abbraccio
Ciao
Bello il tuo racconto..
Sono 2 anni che ho scoperto di avere la SM ed onestamente non mi sono mai nascosta e né mai vergognata di averla..l’ho accettata come dono di Dio, anche se ormai non credo più in Lui.
Avevo 32 anni e due bimbi di 3 ed 1 anno
Ho sempre fatto la mia terapia e le mie visite con loro, anzi ci sono giorni che mio figlio il piccolo mi chiede se ho fatto la puntura…si preoccupano per me!
Però una risposta ben precisa di quello che ho, non gliel’ho mai data. Gli ho sempre detto che non stavo bene e che le punture mi servono a star meglio. Loro sono presenti al momento dell’iniezione e più delle volte mi vedono anche piangere…
Non so se in realtà mi sto comportando bene…io vivo con loro d’istinto, rapporto tra mamma e figli, poi se ho sbagliato o sbaglierò, pazienza! Ogni ammalato e ogni figlio è diverso…
Impotenza…….cercate di sorridere……rimanete coesi……
Queste tre espressioni mi hanno colpito perché corrispondono a quello che ho provato sentito io sempre: l’impotenza” quando, nonostante tutti gli sforzi, non riuscivamo a bloccare la malattia di mia figlia, oggi quarantenne.
Il “cercate di sorridere” perché smitizzare rende le cose più semplici da affrontare.
Il ” rimanete coesi” perché, nel mio caso, e’ stata proprio l’unione ed il reciproco sostegno familiare a permetterci di procedere. Grazie