Oggi pubblichiamo la storia di Alessandro, un racconto molto intenso. Un percorso che, tra le tante peripezie che la SM porta con sé, lo ha portato oggi a dire: “non vivo per accontentarmi, la vivo in pieno, vivo e mi alleno per percepire il qui ed ora”.
Erano anni confusi e ricchi di avvenimenti, la vita era qualcosa che accadeva mentre le stavo dietro per quanto potevo. Facevo il metalmeccanico: Sardegna, Trentino, Toscana, Francia. Ero un pesce fuor d’acqua, non mi piaceva il lavoro, i colleghi, non so che, ero distante. Mi piacevano le sfide fisiche, 3000 gradini in un giorno, la velocità, la resistenza, le sfide con me stesso. Amavo giocare a calcetto dove il mio quadricipite produceva un tiro di rara violenza, mi piaceva la bici, quegli 80 km fatti di salite e discese e quei polpacci erano pistoni, il mare ed il cielo, tutto era blu e lo erano anche i miei pensieri per poi diventare bianchi nel momento di massimo sforzo. Pensieri fatti di luce e di suoni, nel cuore di un impianto sono martellanti, nevrotici, assillanti eppur mi piacevano, ricordavano i suoni di un rave e, se ci stavi attento, bassi, effetti, giochi erano ben miscelati.
Anche se una cosa era strana quel giorno. Non mi sentivo i piedi e, accidenti, nemmeno le mani, poi le gambe, il tronco fino ai pettorali, le braccia e le mani, non riesco a lavorare, chiedo scusa al mio capo squadra, mi chiedo se mi creda, non lo so, ma che ho. Non so dove mi visitano, elettromiografia, domande, rispondo, dice facciamo il test HIV, ma cosa dice e che c’entra dico io, grazie lo stesso. Passa il tempo, passa il formicolio e dico- Mamma a me sembra di zoppicare- -No no, è una tua impressione-. Non ci fai caso e piano piano altri medici ortopedici, oculisti, chi mi opera per un ernia inguinale, chi non so, io zoppico, vedo male, non mi si alza il braccio destro e dicono che io sto bene?
Inizio a credere nelle cospirazioni, sarò un umano da studiare, testare, fanno finta, zoppico e cammino bene, ci vedo sfuocato e ci vedo bene, ora faccio il professore, ora faccio il barman, ora mi chiedo dove va il mio corpo, nessuno mi crede. Pago di tasca una risonanza magnetica alla cervicale, avrò un’ernia penso, sarà quella che mi blocca il braccio e ritiro il referto in una stanza, nessuno mi spiega, nessuno sa, vado a casa, cerco parola per parola fino a quando ne trovo una difficile, demielinizzante, sclerosi multipla, ghiaccio, paura, è successo a me, piango, mi alzo, mi aggrappo all’accappatoio, piango, ho i singhiozzi, mi calmo, avviso la mia ragazza e mi dice di stare calmo non è nulla, ero solo.
Il giorno dopo accolto visitato, predisposte analisi si evince che 10 anni prima da quel formicolio tutto era iniziato, 10 anni dove non sono stato creduto
Il giorno dopo accolto visitato, predisposte analisi si evince che 10 anni prima da quel formicolio tutto era iniziato, 10 anni dove non sono stato creduto. Ma ti lamenti sempre, ormai ti senti arrivato, perché non giochi bene, perché non cammini ed io ad inventare scuse e, penso, è finita, ora mi crederanno, ora, sei un peso più di prima. La notizia. Prima ho fatto finta di nulla quasi non mi appartenesse e non curandomene mi ha portato giù tra le peggiori depressioni, dove ho perso 2 lavori, dove ho perso soldi, dove ho perso la mia ragazza, dove ho perso la speranza, dove ho perso la prospettiva dove ho perso il motivo, dove, se poco mi ero trovato nella vita che li mi aveva condotto, lì ero io ad essermi definitivamente perso. Ho odiato, combattuto, maledetto la sclerosi multipla per tutte le difficoltà che a lei imputavo. Interferone, copaxone, tisabri, sono i farmaci che ho accettato con il quale ho la prerogativa di peggiorare sia che compaiano nuove placche sia che siano silenti. Dopo aver fatto un protocollo per migliorare l’aspetto motorio, dopo esser stato per 2 mesi a Roma al S.Lucia, dopo essermi comportato nel modo più salutare possibile, dopo aver cavalcato qualsiasi cosa mi potesse far vincere almeno una battaglia, ero piuttosto demotivato in un contesto di lotta contro la malattia. Nella lotta mi ero perso un piccolo dettaglio, ovvero, ci si fa male, stanco, smetto di lottare.
Oggi come ieri la mia vita è fatta di sfide, è fatta di provarci, è fatta di essere consapevole a me stesso, presente a me stesso, è fatta di non esser in balia della mia tristezza, rabbia
Per paradosso colei la quale s’era vestita dalla mia più grande sfortuna mi regala quello che da sempre intuivo ma non ero capace di cogliere, me stesso. Non più odiando, finalmente ringraziando e amando ogni dono ho sentito che su una strada che a me piace sto iniziando a camminare. Oggi come ieri la mia vita è fatta di sfide, è fatta di provarci, è fatta di essere consapevole a me stesso, presente a me stesso, è fatta di non esser in balia della mia tristezza, rabbia. Cerco di non vivere nel giudizio in particolar modo verso me stesso, cerco di consentire ad ogni persona, avvenimento che non potrebbe essere diverso da quello che è, dall’aspettativa nei confronti di questo o quello. Cerco di non pensare più – Questo non posso farlo, li non vado, non sono in grado – vivo serenamente il da farsi. Faccio cose per me impensabili prima, come il kundalini yoga, meditazione, mantra, sciamanesimo, psicologia biologica, costellazioni, Masaru Emoto. Lavoro costantemente su me stesso con l’obbiettivo di guarire, migliorarmi e in particolar modo a me avvicinarmi, guardarmi non più dall’interno verso l’esterno ma dall’esterno verso l’interno, cambiare abitudini, andare ovunque, dire finalmente sì alla vita e se guardo chi ero, cosa ho fatto, cosa mi è successo. Ne sono felice perché tutti quei pezzi di vita mi hanno consentito di essere me oggi lontano dal bene e dal male, dal giusto e dallo sbagliato, dai se fosse stato, dalle recriminazioni, entrando nel dolore anziché accantonarlo.
Vado ad Olbia, guido io, mi attende un lavoro che mi affascina, rimango una settimana, solo, riesco a vivere solo, riparto, ancora guido e nei pressi del pozzo di Santa Cristina svolto all’improvviso, fermo l’auto, faccio il biglietto, chiedo la guida, desidero fare il giro completo, non mi chiedo se riuscirò, se è troppo lungo, voglio solo andare, arrivato al pozzo fermo guardo gli scalini, mi giro a destra, un ragazzo mi da la mano, percorro i gradini, tocco l’acqua e le mie gambe fanno senza difficoltà i gradini in risalita, come non so. Guido fino a casa, sono felice, io facevo dalla camera alla cucina, questo era il mio top, mi reputo vivo, desideroso di vivere, non vivo per accontentarmi, la vivo in pieno, vivo e mi alleno per percepire il qui ed ora, cerco l’Uno e la dualità che è la faccia della stessa
medaglia, cerco lo Zero del tempo dove il tempo stesso non esiste, cerco l’Amore che tutto guarisce. Sono qui ora, nella vita che ho sempre sognato e sono felice.
Alessandro
Se anche tu vuoi raccontarci la tua storia scrivi a blog@giovanioltrelasm.it
Complimenti Alessandro,
Aiuta chi è stato meno fortunato di te….Aiuta la ricerca.
Grazie
cerco di fare del mio meglio, accolgo questa tua esortazione, grazie Quiro
Accidenti! Ma nei tuoi mille lavori hai mai pensato di fare lo scrittore? Ho letto tutto d’un fiato! Sei grande!
Grazie Paolo, davvero gentile. É un sogno
Grazie, per le emozioni che mi hai regalato!
Grazie a te
Grazie Alessandro per questa spinta verso l’Alto ,il Dovere di farcela è il mandato della Vita e le tue parole lo scolpiscono nel Cuore
Grazie Alfredo, ogni giorno un piccolo mattoncino di un lavoro costante che sia lontano dalla identificazione con la malattia, dalla meccanicità del ripetersi le stesse cose, dall’attacamento a credenze, non ce la faccio, non posso, non sono in grado. La vita è qualcosa di cosi grande che solo ne possiamo intuire il profumo. Ardua è la nostra sfida e al contempo grazie a questa scossa possiamo orientarci su che strada prendere. Ti abbraccio
Grazie e complimenti Alessandro! Mi hai fatto ricordare il pensiero che ho avuto ad 11 anni quando ho perso mio padre . . . Mi sento che è morto per salvare me!
Strana frase che non comprendevo ma sentivo dentro di me ,ora a 37 anni , è tutto più chiaro!
Concordo col ragazzo che ha scritto che dovresti scrivere! Mi sono persa leggendoti !
Ancora grazie e buona vita! Ci vediamo a pula!
Grazie Elena, a presto allora, ti abbraccio
Anche io ho da poco scoperto la malattia, la mia paura è quella di non poter più camminare
Cara Paola, sono le nostre paure, il demone più grande, sono le nostre credenze limitanti, non posso. Non ce la faccio, non sono abbastanza, non è possibile.
Non aver paura e cambia attitudine, non essere paura e sii gioia, guarda quello che puoi, non quello che non puoi. Non sei sola, ci si può lavorare ma nessuno lo può fare per te, è tua la partita. Se vuoi son qua, facciamo un pezzo di strada assieme
Solo Idem
Ciao Tania, se il tuo idem a riferimento a quanto detto da paola di dico le stesse parole.
sono le nostre paure, il demone più grande, sono le nostre credenze limitanti, non posso. Non ce la faccio, non sono abbastanza, non è possibile.
Non aver paura e cambia attitudine, non essere paura e sii gioia, guarda quello che puoi, non quello che non puoi. Non sei sola, ci si può lavorare ma nessuno lo può fare per te, è tua la partita. Se vuoi son qua, facciamo un pezzo di strada assieme
Alessandro, grazie. L’amore non guarisce nessuna malattia e non esiste nessuna malattia “carina” però questa nostra sventura così personale, così individuale, così sconosciuta, così complicata ci lascia la possibilità di provare e a volte trovare delle ricchezze insperate e mai pensate. Qualche tempo fa una mia amica, parlando di tutt’altro, mi ha chiesto: “qual è la persona che stimi di più?” e sai cosa ho risposto immediatamente? Io, sono io la persona che stimo di più. E’ stato bellissimo scoprire questo. Ti abbraccio
Cornelia, sono ben felice che tu abbia risposto che sei te la persona che stimi di più.
L’amore si, guarisce ogni cosa, non certo l’amore micio micio bau bau, l’Amore che è uno, che non conosce dualità.
Qui accadono solo avvenimenti che ci portano delle lezioni, difficilmente interpretabili con gli schemi mentali al quale siamo abituati. Tutto guarisce nel momento in cui nulla è malato.
Grazie
come ci si arriva ad accettare tutto quello che ci riserva la malattia
e si anche io faccio parte di questa grande famiglia
sono passati solo 3mesi dalla diagnosi smpp
a volte e terribile
ciao Franca, per accettare è necessario un grande lavoro al quale non siamo stati abituati.
La tua grande libertà è nel presente, qui e ora e nella resa.
Arrendersi non vuol affatto dire mollare, divenire passivi, smettere di credere in una idea, venire sconfitti. Arrendersi non è debolezza, quanto piuttosto vera forza spirituale, fluidità, libertà interiore.
Lavorando su di te ti conosci, conoscendoti puoi scegliere di accettarti e accettandoti puoi accogliere la quiete, la pace interiore. Puoi finalmente arrenderti a ciò che È.
La resa è l’accettazione di ciò che porta il Momento Presente, è dire sì alla vita, è lasciare gli attaccamenti, è aprire il Cuore.
Più fai resistenza alla vita, attraverso i giudizi della mente e le emozioni negative, più attrito generi e più dolore percepisci: questo può portare alla follia.
La resa è seguire il flusso della vita anziché opporvisi. E poiché la vita è proprio Adesso, la resa è accogliere totalmente il Momento Presente.
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Dario Canil
Se ti va, ci facciamo un pezzetto di strada insieme, Ale
Bravo Paolo, mi hai commosso, e mi hai dato una speranza. E’ solo da 5 giorni che so di avere la SMPP.
Grazie a te per la condivisione di questa tua emozione, non mollare
Ale
Mi hai fatto piangere Ale,sei troppo forte ♥️♥️
Grazie Alessandro, grandi parole che fanno riflettere la vita ci porta dove non avremmo voluto ma bisogna non arrendersi andare avanti comunque….Grazie