Oggi pubblichiamo la storia di una donna, una maestra di asilo che esprime l’importanza di non fermarsi, di non cedere davanti alle discriminazioni, soprattutto in ambito lavorativo, e di non rinunciare ai propri diritti.
Voglio condividere con voi quella rabbia che mi sale quando si tocca l’argomento sclerosi multipla e lavoro.
La sclerosi multipla mi è stata diagnosticata 4 anni fa, anche se a dirla tutta alcuni sintomi erano comparsi già prima della gravidanza. Diciamo quindi che ho cominciato ad avere a che fare con la SM 8 anni fa, ma poi si sa come vanno queste cose: uno da colpa agli ormoni, allo stress, a qualche carenza di vitamine e fa passare gli anni senza preoccuparsi troppo. In ogni caso non è questo ciò di cui voglio parlare qui, adesso.
Oggi voglio confrontarmi con voi sul diritto di dire, senza paura: «ho la sclerosi multipla, fammi lavorare lo stesso!». Mi capita sempre più spesso di leggere di persone con sclerosi multipla che vivono con paura il momento di comunicare la loro malattia al datore di lavoro.
Dirlo o non dirlo: una scelta nostra
Dirlo o non dirlo è sicuramente una scelta tutta nostra e se si decide di farlo, lo si fa lasciando la paura fuori dalla porta. Dal momento in cui si svela l’esistenza della sclerosi multipla è possibile concordare con il proprio datore di lavoro una serie di «accorgimenti» che possono agevolarci nel condurre al meglio il lavoro. Penso ad esempio alla possibilità di accordarsi sulla riduzione dell’orario, oppure sul possibile cambio di mansione, magari trovando qualcosa di più adatto alla propria condizione di salute. Inoltre, dopo aver comunicato la diagnosi, ci si può affidare e confrontare, almeno per alcune questioni, anche con il medico di lavoro che ci incontrerà una volta all’anno.
Il tema del rapporto tra sclerosi multipla e mondo del lavoro è molto sentito. La comunicazione della diagnosi è spesso fonte di ansie, ma anche di discriminazioni e diritti negati, AISM ha realizzato la video guida Lo dico o non lo dico? che fornisce alcune informazioni utili per capire come comportarsi
Non dobbiamo aver paura di essere discriminati. Prima di essere persone con sclerosi multipla, siamo innanzitutto persone con diritti e doveri che non devono essere calpestati. Credo che dovremmo denunciare più spesso le discriminazioni e gli abusi che viviamo in ambito lavorativo. Non siamo malati apatici, indolenti o inerti, come invece ci vogliono far passare per ignoranza.
“Povero, hai la sclerosi multipla!”
A quanti è capitato di sentirsi dire: «povero, hai la sclerosi multipla!», magari accompagnando la frase con uno sguardo misto di pietà e compassione, come se con la SM avessimo perso all’improvviso la capacità di produrre pensieri, emozioni o un «vai a quel paese!» imminente e del tutto meritato.
Lavoro in un asilo nido e tante volte mi sono sentita dire, chiedere con aria un po’ piccata se non faccio fatica a tenere in braccio i bambini, visto i miei problemi agli arti superiori. E quante volte avrei voluto rispondere a tutti quanti che non sono una criminale che mette a repentaglio la vita quelle simpatiche creature o il mio posto di lavoro solo per dimostrare che ce la faccio. Il giorno in cui non sto bene chiederò qualche giorno di malattia, altro diritto di ogni lavoratore che spesso si ha quasi paura di esercitare. È ovvio che non bisogna abusarne, ma come in tutte le cose anche in questo caso è un fatto di buon senso e di correttezza.
Allo stesso modo, se si presenta la domanda per sostenere la visita per l’invalidità civile o per il riconoscimento della disabilità ai fini della legge 104/92, non bisogna vivere sempre nell’ansia di fare un buco nell’acqua, di non essere presi sul serio, di trovarsi con un pugno di mosche in mano. Se crediamo che il giudizio della commissione medica che ci ha esaminato non sia corretto, non abbia valutato in modo adeguato la nostra situazione, affidiamoci a patronati e altri enti che possono aiutarci a fare chiarezza. Soprattutto la legge 104, se si hanno i requisiti richiesti, rappresenta forse l’unico appiglio a cui aggrapparsi, perlomeno lavorativamente parlando.
Lo stesso vale per il collocamento mirato previsto dalla legge 68/99, la cui finalità – questo è quello che dice la norma stessa – è promuovere l’inserimento e l’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro.
E quindi?
Vi starete chiedendo «e quindi»? E quindi credo che se ci vengono riconosciuti dei diritti è giusto esigerli, è giusto esercitarli. In fondo viviamo in un mondo dove niente ci viene regalto.
Credo che sia giusto chiedere ciò che ci spetta, ciò che ci viene riconosciuto a causa di questa sclerosi multipla che, diciamo la verità, ci fa faticare più degli altri sia sul lavoro sia nella vita di tutti i giorni e con la quale continuiamo ad andare avanti a testa alta.
Non rinunciare ai nostri diritti significa avere tutti gli strumenti necessari a vivere meglio la nostra quotidianità insieme a questa amica scomoda e a volte invadente che però è sempre al nostro fianco. Non è un mostro, non è una vipera, ma è qualcosa con cui dovremo trascorrere tutta la nostra vita, quindi prima ci facciamo pace e meglio è.
Francesca
Se vuoi raccontare la tua storia e condividerla su GiovanioltrelaSM scrivi a blog@giovanioltrelasm.it
Io primo sintomo anno 1981, neurite ottica reto bulbare, perdita della vista totale occhio destro, dopo le cure ancora ora dieci decimi da lontano, dopo 33 anni dolore al ginocchio, gamba con minore mobilità, gamba a volte quasi bloccata. Mai schivato il discorso, diciamo ne ho sempre parlato tranquillamente, non è una vergogna, anzi un insegnamento alla vita, a lottare per essa, a mio avviso un insegnamento a non mollare mai
Caro Roberto, stavo curiosando su questo sito che ogni tanto sento il bisogno di visitare. Un po’ perchè sono curiosa, un altro po’ perchè me lo consiglia la mia splendida neurologa, ma stanotte rispondo perchè ti chiami come mio fratello ed anche perchè quando hai “conosciuto” la sm io stavo nascendo. Io ho stretto questa multi-facce conoscenza ben 13 anni fa. A 23 anni la vita non può far altro che sorriderti e così faceva con me. Fino a quando non mi sono persa. E ad accogliermi preoccupati davanti ai carabinieri, che mi avevano chiesto perchè stessi piangendo da sola, c’erano mio fratello Roberto, la mia mamma e il mio papà. La vita aveva girato la faccia e non mi sorrideva più. E poi il Calvario. Ricoveri due, ricadute ben di più. La neurite ottica l’ho avuta anch’io ed anche una sindrome che sembrava labirintite, ma in soldoni non potevo neanche guidare perchè secondo la mia testa andavo sempre contro qualche albero. Migliaia di controlli, analisi, verifiche e visto che una sola non mi bastava volevo anche l’epilessia. Ma ringraziando il Cielo non ho mai avuto una vera e propria crisi tranne quando sono svenuta con gli occhi aperti…. Ma un regalo l’sm me l’ha fatto: di tutte le cose peggiori non ho memoria e i miei ricordi sono sempre nuovi, puliti e li rendo positivi. Se poi mi stanco un po’ più degli altri qual è il problema? La soluzione è che mi riposo di più ed oggi sono io che tocco la spalla della vita per farla girare e sorriderle. Il mio è il messaggio di una maestra che ama il suo lavoro. Non si muore di Sm. Si vive semplicemente insieme a lei e a volte si può anche rivolgerle uno sguardo benevolo.
Bravissimo. Io come te!