Oggi pubblichiamo la storia di Monica, ragazza tenace e sicura di sé che dopo la diagnosi di sclerosi multipla continua a credere nella sua forza, anche se da quel giorno affronta una nuova paura.
Ho sempre pensato che la testa, la mia testa, avesse una marcia in più e che la volontà fosse l’unica forza in grado di farmi tagliare un traguardo. Eppure oggi non ne sono più tanto convinta.
Quelle che prima erano certezze dopo la diagnosi sono diventati dubbi che, nel tempo, si sono moltiplicati alla velocità della luce.
Non sono mai stata un’atleta doc, ma comunque ho sempre praticato tantissimo sport: dalla pallavolo, allo sci, dalla corsa all’alpinismo. Anche se le prestazioni fisiche non erano delle migliori, c’era sempre quel qualcosa in più che mi dava l’energia per non mollare, per arrivare fino in fondo.
Anche nello studio, pur non essendo una studentessa modello, l’impegno e la voglia di farcela mi hanno permesso di portare a casa prima il diploma e poi la laurea. È tutta una questione di organizzazione e di dedizione, mi dicevo.
Lo scorso anno, però, questa mia filosofia, queste mie convinzioni, hanno cominciato a vacillare. Con un pizzico di rassegnazione ho cominciato a domandarmi se davvero la mente potesse tutto, anche superare i tuoi limiti.
Inventare scuse per far finta di non vedere quegli strani sintomi
Ecco, è da lì che, insieme ai dubbi, sono arrivate anche le scuse. Non sapete quante ne ho trovate.
Ho iniziato a non sentire più bene il pallone tra le mani e mi sono detta che era colpa dell’affaticamento post lavoro. Camminavo per i monti e, quando il mondo intorno a me ha cominciato a girare così forte da farmi perdere la cognizione di dove fossi, mi sono risposta che la causa era l’altitudine. Facevo i normali gesti quotidiani e mi sentivo svenire: è la pressione, dicevo. Non avevo la sensibilità della pianta dei piedi e ho dato colpa alle scarpe. Non sentivo l’addome ed il torace e me la sono presa con l’attività fisica svolta nei giorni precedenti. Non riuscivo più a rigirarmi nel letto e mi raccontavo che si trattava solo dell’ansia.
Quando hai 25 anni e tanti dubbi, nonché tanti strani disturbi che cominciano ad assillarti, arriva un momento in cui devi accantonare gli alibi e prestare ascolto a quello che ti dice il tuo corpo. Ed è così che ho fatto.
Una sola certezza ed una nuova paura
Sono sincera, la risonanza magnetica non mi ha spaventata, la rachicentesi non mi ha messo al tappeto e la diagnosi di sclerosi multipla non mi ha demoralizzata. Anche la terapia che sto seguendo e che mi porta ogni mese in ospedale per le infusioni, non mi debilita né mi dà particolari altri problemi.
Sono forte e lo so. Non solo me lo ripeto, ma ci credo fermamente e tale certezza e confermata dal fatto che il giorno dopo la rachicentesi me ne sono andata in giro per il reparto come nulla fosse. Ho una marcia in più e la spinta che mi dà la sento perfettamente.
Dallo scorso ottobre, però, ho anche una paura in più: il futuro. Ho il timore che tutti quei dubbi e quelle strane sensazioni tornino di nuovo e con loro anche quella incapacità di leggere segnali e campanelli di allarme che ho messo a tacere con mille scuse, mille bugie.
Ho paura che un bel giorno io possa accadere che il mio cervello vorrà mettersi in piedi, ma il mio corpo resterà fermo, seduto su un letto o su una poltrona.
Monica
Cara Monica non pensare al futuro , pensa al presente e goditi la vita…. fai tutto quello che vuoi o puoi fare oggi… alla bestia che è in te dedicherai il tempo dovuto quando si farà sentire….. un saluto.
Ciao Monica. Anche io come te ho avuto la diagnosi lo scorso anno e anche io, come te, sono stata forte fin dall’inizio (il giorno dopo la rachicentesi sono andata a seguire le lezioni all’università, nonostante il dolore e nonostante rischiassi di inciampicare ogni due per tre a causa dell’ insensibilità ai piedi, pensa tu). Ma devo ammettere che a distanza di un anno, ciò che prima era fermezza ora è anche un po’ di paura. Paura del futuro, come te.
Ciò che mi fa forza, ora, è che il futuro non posso controllarlo, che devo agire ora se voglio qualcosa, che posso fare in modo che quella paura che mi blocca nello studio diventi un motivo in più per mettercela tutta e prendermi quella laurea che mi sta aspettando. Viviamo adesso, Monica, e il futuro non ci farà più paura.
Un abbraccio, Jessica.
Sono d’accordo con Raffaele.
Cara Monica,
Lotta ed accetta sin dall’inizio curandoti,ma, non lasciarti schiacciare della SM e fai di tutto per non abbatterti. Io adesso ho 48 anni ma mi fu diagnosticata ad appena 18 anni, so che significa l’inizio ma è quello determinante per il futuro accettare – lottare curandosi sempre come consigliato questo è il modo per raggiungere traguardi inaspettati che al momento non vedi ma che come nel mio caso ho raggiunto essendo autonoma ,certo è vero che non sia una passeggiata ma a quanto ho letto sei una forte quindi questo è il momento di dimostrarlo
Un abbraccio
Stella 48
Monica, la fora sia sempre con te. Non usarla però per sfidare la malattia cioè il tuo corpo, la tua vita, usala per trovare delle strategie che non sono scuse, usala per affrontare l’eventuale difficoltà con coraggio, trova un modo per contenere quella terribile paura del futuro. Io, per esempio, cerco di andare a nuotare 2/3 volte la settimana e questo un po’ mi affatica ma lascia il mio pensiero, la mia testa molto più “tranquilli”. Asseconda la malattia, rispettala, è probabile che in questo modo tu possa conoscerla meglio e trovare un modo per conviverci meno doloroso.
Un abbraccio
Cara Monica,
la tua storia assomiglia a quella di tanti di noi che hanno capito da subito che con la SM bisogna lottare. Pensa al presente come ha detto Raffaele e vivi la tua vita senza permettere che la malattia prenda il sopravvento. Ti dico che ha 50 anni mi ritrovo a cercare un lavoro, con l’unico pensiero di dare certezze alla mia famiglia e spazio nella mia mente per pensare alla SM non ce ne. Se hai degli obiettivi adoperati per raggiungerli ma se in questo momento non ne hai poniteli.
insomma quello che ho voluto dirti e che alla SM bisogna dargli solo la giusta attenzione e cercare piano piano di abituarsi a conviverci quasi dimenticandosi di esserne malati.
Ah dimenticavo, il mio obiettivo attuale è quello di emigrare … spero di riuscirci.
Un saluto
Piero
Cara Monica
la montagna era la mia vita quando alla fine degli anni 80, a 25 anni, mi fu diagnosticata la sm. Ora di anni ne ho 53 e sono in discrete condizioni e faccio ancora brevi camminate in montagna. Quindi, non disperare, la sm non è una condanna alla sedia a rotelle e tieni conto che i mezzi terapeutici di oggi sono enormemente superiori a quelli di quando ero giovane, in cui esisteva quasi solo il cortisone. L’attività fisica per me è stata fondamentale perché accompagnata da una fortissima motivazione a non mollare con le mie adorate gite. La sm si cura con i farmaci non con gli psicologi ma la componente psichica, motivazionale, di auto consapevolezza è importante per influenzare positivamente il decorso della malattia. Almeno, questa è la mia convinzione.