Oggi pubblichiamo la storia di una ragazza poco più adolescente che scopre di avere la sclerosi multipla quasi per una casualità. Quella ragazza oggi è una donna che racconta come ha vissuto negli anni la sua SM. Una testimonianza intensa.
Avevo 17 anni quando per un problema di salute mi sono ritrovata in una corsia di ospedale.
Mi lamentavo del mal di testa e questo ha spinto i medici ad eseguire una risonanza magnetica che ha fatto scoprire delle lesioni all’encefalo. Il mio mal di testa era un’emicrania cronica, ma comunque mi hanno detto di controllare di tanto in tanto quelle lesioni. Anche se – dicevano – non erano niente di preoccupante.
Per 3 anni non gli ho dato importanza. Stavo bene. Vivevo fuori casa, correvo 5 ore al giorno, nel weekend affrontavo 4 ore di viaggio per tornare dalla mia famiglia e, nella routine quotidiana cercavo di risolvere quelli che erano quei piccoli acciacchi che la vita mi aveva “regalato”.
Da quel ricovero, comunque, era passato un po’ di tempo quando, all’età di 20 anni, ho cominciato ad accusare dei strani fastidi. Avvertivo un formicolio continuo alle gambe e ad un braccio, sensazione che non accennava a passare. Ho deciso così di fare un controllo.
Ho fatto la risonanza magnetica e poi la visita del neurologo che, vedendomi, ha deciso di prescrivermi degli ulteriori accertamenti. Avuti i risultati, mi ha detto che avevo la sclerosi multipla e ha fatto seguire queste due parole, dalla spiegazione di quello che avrei dovuto fare da quel momento in poi: visite periodiche più frequenti, 1 ogni 3 mesi, e una terapia farmacologica.
La mia reazione a quella notizia è stata di indifferenza.
Ho trascorso quello stesso pomeriggio a correre. Quelle due parole, in quel momento, non avevano portato alcun cambiamento nella mia vita. Lì per lì ho pensato che quando ero piccola non dovevo camminare perché avevo un problema alle gambe e ora, invece, correvo. In quel momento non avevo paura: se un giorno fossi finita su una sedia a rotelle, avrei accolto questa condizione. Punto.
Dopo questa prima fase, è arrivato il periodo del “sto bene”. E allora, se stavo bene, perché dovevo curarmi? Perché dovevo seguire una terapia farmacologica per una malattia che non mi sentivo, che non avevo?
Ora non corro più. Mi limito a camminare per un paio di ore al giorno e, sul lavoro, ho chiesto di essere trasferita nel posto dove prima abitavo con i miei genitori.
Oggi, per la prima volta, non so cosa pensare. Quelle gambe che prima erano di marmo, oggi sono pesanti e basta una semplice camminata per farle cedere e questo mi fa provare una strana sensazione.
Solo adesso, per la prima volta, mi sento un fallimento.
Se anche tu vuoi condividere la tua storia su questo blog scrivi a blog@giovanioltrelasm.it
Non devi viverla in questo modo, devi cercare in te la forza di reagire meglio che puoi e cercare di “ritornare ” forte mentalmente. Ti verrà + facile affrontarla! Ho scoperto che anche mia moglie è affetta da questa patologia e anche se ancora non si è manifestata appieno (x fortuna) cerchiamo di vivere al meglio la quotidianità con i malesseri che le porta. In bocca al lupo.
Ehi.. tranquilla!!! Non abbatterti… pensa sempre al meglio che hai.
So che non è facile, ti capisco, ma è il solo modo di non darsi per vinti.
Anche io sono una sportiva, come te corro…però in bici.
Saltuariamente correvo a piedi e, credimi, era devastante. Tornavo a casa e mettevo ghiaccio sulle gambe e le tenevo alzate tutta sera.
Ho imparato a godermi le passeggiate tranquille con la mia cagnolina e il mio fidanzato. Ti auguro di trovare la pace interiore che ti serve, e non pensare di essere sola… come te tante persone soffrono e l’importante è non lasciarsi andare…guardare sempre al meglio che si ha. In bocca al lupo!!
Non devi prenderla così! !!!!Devi farti forza, perché sei più forte della malattia e presto vedrai ci saranno momenti belli e guarderai a quello che hai scritto con tenerezza. La vita è bella anche con le gambe di marmo…te lo dice chi lotta da ben 10 anni. In bocca al lupo
Ciao sono Katia ho la am da 20 anni ora ne ho 46. Anche io ero super sportiva , ho dovuto rallentare ma adesso mi trovo con stupore a camminare per 2 ore ad andare in bicicletta e fare 30/40 km.gambe dure dopo , bevo un oki sempre. Ma la soddisfazione supera il dolore ed il pensiero di fare fatica. Non mollare , fai quello che riesci e sai la sclerosi toglie ma quando sente che noi siamo più forti , molla. Ti consiglio di leggere un libro.io e lei di fiamma stata, scoprirai un mondo bellissimo. Un abbraccio
Scusa fiamma satta.
È vero…..non dovremmo prenderla cosi…..anche a me tutti lo dicono…..e sono sicura che sia vero………ma anch’io……faccio finta di niente….cerco di fare le cose che ho sempre fatto….moglie…lavoratrice….madre…..donna….figlia……ma…..non avendo ancora iniziato una cura……poi evidentemente…..ecco che ritorna lei……dobbiamo iniziare a conviverci…..con l’aiuto di persone che ci sono già passate……….con le loro esperienze che condividono……dobbiamo riuscirci………
Ricordo bene il giorno della diagnosi e la mia reazione, avevo una sensazione di indifferenza tipica magari di quando il medico ti dice che hai il raffreddore. Una rottura momentanea, ma nulla di grave. E così l’ho trattata all’inizio. Mi sono curato ma senza dar peso a cosa sarebbe successo. Poi è arrivato il momento del confronto con quel che facevo prima e li mi son reso conto dei miei nuovi limiti e che forse tanto raffreddore non è… Ci ho messo un po’ ad assorbire il colpo, come un po’ tutti e dal mio punto di vista è normale. Non è facile rendersi conto di aver perso un pezzo di se.. Ma alla fine ho compreso che avrò anche perso un pezzo, ma ho ancora altro da dare, bisogna solo trovare una nuova via per farlo. Potrò non puoi fare alcune attività che facevo prima con la stessa facilità, ma non vuol dire che non abbia più mezzi per impormi nella vita, per essere vivo e attivo. Forse avrò detto cose superflue, ma volevo condividere con te questo mio pensiero in quanto ho rivisto nella tua indifferenza iniziale la mia stessa reazione. A volte nella vita succedono cose che ci costringono a ricrearci, e a ricominciare seguendo altre vie. Ma non è detto che queste nuove vie siano peggiori di quelle lasciate. Va bene crollare ogni tanto, ma l’importante è rialzarsi sempre, perché finche non ci si arrende, un modo per farcela lo si trova sempre. In bocca al lupo!
Ognuno abbiamo un modo diverso di accettare la malattia.Io ho imparato a vivere giorno per giorno con le mie bambine mio marito la mia famiglia che sono la mia forza…Non pensarci è la soluzione migliore…
Non sentirti così…. segui le indicazioni dei medici e punta a vivere la vita con qualità (la tua qualità….ciò che ti garba) ….
Io ho avuto più o meno la stessa esperienza…Mi chiamo Angelo,ed ho 30 anni…ho la SM da 3 anni circa…prima facevo pattinaggio in linea…discesa dei boschi,lunghe distanze,birilli…insomma andavo a dormire con i pattini praticamente…ora mi ritrovo a non poter fare praticamente nulla…perchè ho la gamba e braccio dx praticamente molto più lenti come risposta…e non posso più praticare lo sport che tanto amo…
Ciao,la tua storia è molto simile alla mia. Anche io a 17 anni ho iniziato avendola diagnosticata ad avere la tua stessa sintomatologia ed anche io praticavo ed amavo lo sport però pallavolo. Anche per me tutto è cambiato ma devo dirti che sono arrivata a 48 anni con una grinta maggiore aumentata con gli anni,anche se come le gambe ed altro si sono appesantite .voglio dirti però che io ho cominciato a curarmi subito e continuo così. Non la ignoro ma la combatto con le terapie e la tenacia di sempre.
Non demordere,vai avanti con grinta curandoti ed accettandola ma non farti sottomettere moralmente e reagisci. Ce la farai ad andare avanti ,abbi fede e coraggio.
Ti sono vicina e ti capisco ma sii forte.
Una volta il celebre fotografo Steve McCurry durante un’intervista commentò una delle sue foto.
Una piena aveva invaso un paesino colpendo le poche strade e le già precarie abitazioni portando ovunque distruzione; campi, bestiame e quei pochi oggetti posseduti da quella popolazione erano andati perduti e lui tentò di scattare alcune foto per documentare quanto successo.
Aveva provato a fotografare in molti modi ma la situazione era così insolita che nessuna soluzione gli riusciva giusta: muoversi con una barca, immergersi in acqua con stivali alti, era persino salito sui tetti ma niente: ogni volta le inquadrature erano sbagliate.
Alla fine prese coraggio ed entrò in acqua con le sue scarpe da tennis, schivando i cadaveri degli animali che galleggiavano.
Racconto questa storia non per puro stile macabro ma perchè quel giorno il Signor McCurry imparò che l’unico modo per poter trovare le foto era immergersi fino in fondo. Le precauzioni che aveva preso avevano ovattato la sua persona, il suo stile e soprattutto il suo carattere : le foto scattate non lo contenevano. L’unico modo per vivere quei momenti era entrare con tutto se stesso in quel fiume.
Non preoccuparti, si può fallire spesso nella vita. Anzi, ti dirò che fino a quando si resta fuori dal proprio fiume si corre il rischio di vivere tutto con una certa distanza, di isolarsi e ignorare le cose, noi per primi.
Solo crollando si entra in quel fiume. Avvicinandosi al pericolo e superando i periodi bui si riesce non solo a sopravvivere ma anche a risalire!
Anch’io ero sportivo e capisco quanta rabbia e frustrazione possa portare tutto ciò. Io mi sono ammazzato per anni, tentando di dimostrare a me stesso che valevo! che stavo bene, che la mia grinta non avrebbe mai ceduto davanti a quelle due parole! Il mio motto era: gliela faccio vedere io!
Col tempo ho capito che io valgo a prescindere da quanti km riesco a fare, a quante scale posso salire senza fermarmi o a quanto sforzo sono in grado di resistere. Ognuno di noi vale a prescindere.
Si guarda al passato con tenerezza e al futuro con speranza ma si vive ora!
Coraggio, ciò che conta è arrivare, sempre e comunque. Il difficile di una maratona è giungere al traguardo, può far rabbia non arrivare al fondo in breve tempo ma può farti gioire sapere di esserci arrivata.
Ogni cosa dipende dal tuo punto di vista, dalla prospettiva con cui guardi il mondo.
Quella volta McCurry stette quattro giorni in ammollo in condizioni igieniche veramente precarie ma riuscì a scattare una delle foto più importanti nella storia della fotografia.
Aveva fallito per giorni e giorni eppure guardando quella foto non lo diresti un fallimento.
Si combatte arrivando al fondo della maratona, sempre e comunque.
Tifo per te, coraggio!
Lorenzo