Il diario di una diagnosi, quella di Eddy, che proprio nel giorno del suo compleanno riceve la notizia: si tratta di sclerosi multipla. Scrive e si racconta da Berlino.
6 April 2017. Mi sveglio una mattina e vedo tutto offuscato, sarà che ho portato troppo le lenti a contatto o il bicchierino di troppo il giorno prima. Mi lavo, mi preparo ma continuo a peggiorare. Mi sveglio sempre all’ultimo la mattina per andare a lavorare pe rcui esco, corro, prendo la S-Bahn e arrivo a lavoro.
Mi piazzo davanti alla mia scrivania con quel computer che ormai non sopporto più e comincio a lavorare. Nel giro di mezz’ora ho davanti una decina di computer e altrettante scrivanie. Nel giro di un’ora urlo per chiamare il mio capo, non capisco più nulla. Mi butto sul divano mentre la testa scoppia dai troppi pensieri.
Il mio capo chiama un oculista. Andiamo. Dopo variati controlli mi dicono che non ha niente a che vedere con la vista. “Rivolgiti ad un neurologo” con quel tono poco amichevole nonostante la dottoressa cercasse di essere carina, ma ahimè, la lingua non aiuta. Vado a casa ed entro nel panico. Non ho più equilibrio, non vedo più nulla. Tutto si spegne in un silenzio assordante.
7 aprile e 8 aprile. Nebbia e confusione. Penso di esser diventato cieco, o almeno qualcosa del genere.
9 aprile. Sono le 10 della mattina nell’ambulatorio di un neurologo, un anziano signore con una cadenza troppo stretta perché io possa capire quello che mi sta dicendo. Chiamo il mio coinquilino e gli chiedo di farmi da traduttore via telefono.
Gli spiego i miei sintomi e lui mi fa sdraiare su un lettino. Comincia a farmi il solletico, muovermi le braccia, non capisco. Mi scrive su un foglietto “Möglich MS” e qualcos’altro che ora non ricordo. Devo andare in ospedale per fare controlli. Beh, ricordo l’ago per poi ritrovarmi malato su un letto d’ospedale senza sapere perché lo fossi.
Rimango li, sdraiato su quel letto senza capire. Chi sulla sedia a rotelle, chi troppo affaticato. Mi dicono che mi avrebbero cambiato di stanza perché dove stavo non era la giusta situazione per me, non era abbastanza friendly.
Ed è vero. Mi spostano con un altro ragazzo, metallaro e simpatico. Mi dicono che non possono dirmi nulla, ma che dovrò fare un sacco di esami.
10 aprile. Dal nulla ricomincio a vedere tranquillamente.
11 12 13 aprile. I tre giorni a seguire sono un continuo sali e scendi dalle scale dell’Ospedale. Comincio ad innervosirmi, fino a quando fermo la più giovane delle dottoresse e con tono inacidito le grido: “O mi dici che succede o strappo queste flebo e me ne vado, tanto sto benissimo ora”.
La ragazza mi guarda con intensità, per un attimo ho sentito il tempo fermarsi. “Signore, stiamo approfondendo quello che presumiamo sia sclerosi multipla.”
Buio, oblio, comincio a sdrammatizzare, la ringrazio e mi metto sul letto. Non ci credo, ho dato per scontato che stessero estremizzando per togliere ogni possibile patologia. Che ho perso la vista era strano, ma davo la colpa allo stress o al Glaucoma ereditato da mio nonno. Fino a quando…
14 aprile, ore 12. Fuori fa un freddo cane, entra la dottoressa, quella simpatica, e mi dice che dobbiamo fare l’ultimo esame fondamentale. Mi da delle scartoffie da leggere, firmo. Entrano in 2. Mi dicono che avranno bisogno di prelevarmi del LCR e che purtroppo è doloroso. Ricordo, come se mi stesse accadendo ora, l’ago infinito che mi attraversa come una pallottola presa di schiena e sparata da una persona infame. Resisto. Non voglio piangere. Io non piango più.
E invece, quella punta di ferro è il momento esatto in cui mi rendo conto di cosa mi stesse succedendo. Era successo a me, uno di quei mali spaventosi che neanche immagini è venuto a cercarmi. Comincio a piangere.
In quel momento, ho bisogno di tutti, del mio mondo intero, dei miei genitori che stanno in Italia, dei miei amici che sono preoccupati ma che quei giorni ho allontanato perché odio farmi vedere fragile, del mio ragazzo che è in Italia per lavoro e di quell’Eddy, quel ragazzo che ancora sogna e affronta la vita.
Chiamo mamma e mi metto a piangere. Mamma è una di quelle persone all’apparenza fredde, distaccate ma cominciammo a piangere insieme. Dire ad una madre di avere un figlio malato è come metterla davanti ad un burrone. Quella chiamata mi aiuta, perché dopo qualche singhiozzo e la presa coscienza del dolore di un genitore, ritrovo il coraggio e comincio a tranquillizzarla.
I miei amici di Berlino vengono a trovarmi, ma imploro i miei affetti in Italia di non venire. Non sono pronto a gestire tutte quelle persone tristi.
16 aprile. Il giorno del mio compleanno ho la conferma: purtroppo è sclerosi multipla. Sto bene, non avevo nessun sintomo già dal secondo giorno in ospedale e senza medicinali. Le chiedo di uscire, prendo i fogli e la ringrazio. Me ne vado.
Racconto la mia esperienza perché non ho voglia di dimenticare. Voglio ricordarmi di quanto il mondo sia ingiusto, di quanto una cosa immaginabile si traspormi in realtà, di come spesso ci si senta schiacciati dalla vita. Del “perché a me?” O del “e ora?!”.
Ecco ragazzi, voglio ricordare tutto. Per ricordarmi che la vita è anche bella, nonostante tutto. Che sono stato sfortunato ma anche tanto amato. Che il mio sorriso non deve scomparire. Che i miei sogni devono ingigantirsi. Che la vita mi permetterà il mio riscatto. Che Tommaso mi ama, la mia famiglia mi ama, i miei amici mi amano.
Che io andrò avanti, perché non sarà la sorte a scegliere per me. Che lotterò per esserci sempre, per respirare a pieni polmoni. Che non mi proibirò più nulla, dopo che la mia malattia per un brevissimo periodo, mi abbia fatto credere che tutto fosse finito.
Ecco ragazzi, vi ringrazio per l’attenzione e spero con la mia esperienza vi possa dare la forza anche a voi. È paradossale come funzioni il mondo, non ci conosciamo, non sappiamo neanche di esistere l’uno per l’altra, ma senza perché siamo tutti legati da un’unica cosa. Abbiamo tutti un destino simile e questo mi aiuta.
Mi sento meno solo e ringrazio le persone che hanno scritto prima di me, perché mi hanno ispirato, aiutato e continuato a far credere in me.
Con affetto,
Eddy
forza eddy un abbraccio grosso e un in bocca al lupo per tutto
Grazie Dori,
un abbraccione e in bocca al lupo per tutto anche a te <3
We are strong!
Ti ringrazio sei davvero un campione e vedrai riusciremo a volare di nuovo chi ti scrive è una donna di 50 anni che un mese prima che arrivassi a questo traguardo mi hanno diagnosticato sclerosi multipla progressiva
Sai il mio soprannome da quando ero una bambina che mi hanno affibbiato i miei genitori: Attila
Ciao Franca,
Attila é un soprannome fighissimo, segno che sei una persona tosta.
Ti abbraccio <3
❤️ Siamo tutto insieme
Ciao Simona,
uniti, sempre <3
Vai avanti così Eddy e non sentirti solo,non lo sei ,se non altro in questa esperienza. Anche x me è stato come se una montagna mi cadesse addosso nel momento in cui un anno fa mi si diceva di avere la Sm. Ero nello studio della Primario dell’ospedale dove ero stata ricoverata un mese prima semiparalizzata da un lato del corpo, con mio figlio 14enne che mi teneva la mano e proprio in quel momento,le parole mi arrivarono come una pugnalata e il pianto fu intrattenibile. E’ difficile da accettare una malattia del genere,non sai esattamente che cosa sia e la cosa più brutta è stata quella di sentire il tremito di mio figlio,non avrei voluto che proprio lui assistesse a quella diagnosi. Oggi però ringrazio Dio che in quell’istante ci fosse lui con me,è la mia forza e ogni giorno che passa mi ripeto che non sono sola. Insieme a me c’è mio marito,mia figlia e mio figlio e in più…ci siete tutti voi ,insieme ce la faremo <3
Ciao Angela :*
Hai un figlio e una famiglia speciale e non c’e cosa piú bella al mondo dell’avere qualcuno su cui poter contare.
L’amore é in grado di farci fare cose inimmaginabili.
Ti abbraccio e si,
ce la faremo <3