Il rapporto con il neurologo è fondamentale, soprattutto quando al momento della diagnosi hai mille domande che ti passano per la mente. Ne parla Jennifer in questa testimonianza.
È il mese di luglio. È il 2009. Sono in terrazza e all’improvviso, la vista comincia ad annebbiarsi.
Mi stropiccio gli occhi, mi sciacquo il viso ripetutamente…ma nulla.
Nei giorni successivi mi viene diagnosticata un’infiammazione del nervo ottico che guarisce inspiegabilmente da sola nel giro di qualche settimana. Eccolo.
È questo il momento in cui “tu” entri nella mia vita ma lo scoprirò più avanti.
Consigliano di fare controlli regolari, magari ogni 6 mesi e quando ne chiedo il motivo mi dicono che devo stare tranquilla e che può trattarsi di tutto e di niente. Passano i mesi, io sto bene, salvo emicranie sempre più frequenti. Cavoli, mi hanno spaventata. Hanno parlato addirittura di patologie autoimmuni. Tanta angoscia per nulla. È il 2012 ed io decido di non guidare senza spiegarne il motivo a nessuno. Mi sento strana, ho dei capogiri improvvisi e decido che questa è la decisione migliore.
Sei ancora “tu”, ci provi di nuovo a presentarti ma io non voglio conoscerti.
Piano piano, le cose peggiorano. Comincio ad avere veri e propri attacchi di vertigini e a sentirmi sempre debole. A chi lo spiego? Sono sola. Le “amiche” sono quelle che mettono il muso se la sera sono troppo stanca per uscire. È il 2014. In una mattina di agosto il mio risveglio è spaventoso. Appena riesco a raggiungere il cellulare chiamo mia madre perché mi aiuti ad alzarmi.
Passo la giornata a letto, ma non chiudo occhio. Comincio a leggere tutto ciò che trovo al riguardo. “Boom”. Leggo il tuo nome. “Sclerosi multipla”. Ma figurati. Non può essere. Sono la solita ipocondriaca del cazzo. Ne parlo comunque al medico di famiglia che si mette a ridere liquidandomi con un flacone di vitamine. Destino? Il giorno dopo esco per un caffè. La mia amica è in ritardo e decido di aspettarla sbirciando la bancarella che ho davanti.
Vendono gardenie per sostenere la ricerca medica. Ma si…ne compro una senza nemmeno chiedere di che ricerca si tratta. Prendo un opuscolo ed il tuo nome ricompare. Non riesco a pensare ad altro. Per giorni faccio lo stesso incubo. Devo correre e le gambe non si muovono. Lo so, succede a molti. Dicono che sia da attribuire all’ansia. Non c’è nemmeno da pensarci troppo, se non fosse che nel giro di 72 ore io non riesco più a correre davvero.
Ok. No. Ok nulla. Dovrei fare degli accertamenti ma, se poi sono malata? Se perdo il lavoro? Se perdo gli amici? Se faccio stare male la mia famiglia? Passa altro tempo, è il 2016, sono felice perché mi innamoro di una persona stupenda. Un pomeriggio mi metto lo smalto ai piedi. Mi accorgo che non sento nulla. Ma come? Io? Ed il solletico che mi fa impazzire ogni volta? Il panico. E tutti gli altri sintomi peggiorano.
Perché hai aspettato tanto?
Con l’appoggio del mio compagno, l’unica persona a conoscenza del mio sospetto, chiamo un neurologo. Eseguo una risonanza magnetica e gliela consegno. Il filmato dura circa un’ora e mezza ma lui dopo 90 secondi spegne il pc. Incrocia le braccia e mi guarda con gli occhi carichi di un’empatia che ormai pochi medici conservano.
“Tu lo sai cosa hai,vero Jennifer?”
“Si”
“Perché hai aspettato tanto?”
Cerco di fermare le lacrime mentre lui mi cerca un posto letto al San Raffaele. Una settimana di test, esami assurdi, prelievi di sangue e midollo. Al sesto giorno, un giovane medico dai capelli arruffati, si siede sul mio letto.
“Jennifer, da quanto lo sai?”
“Da qualche anno, credo”
“Come hai fatto a fare finta di nulla?”
“Sono impazzita dentro”.
“Fammi tutte le domande che vuoi. Sei mia paziente da oggi”
“Ok. Camminerò per sempre?”
“Azz…ci vai giù diretta. Non ne hai una più semplice?”
“Sei un dottore. Devi saperne più di me”
“Ti direi una bugia, e non voglio farlo, se ti dicessi che parliamo di vita normale. Se gli altri faranno 100 tu farai 50 ma ti sentirai come se avessi fatto 1000. Ci saranno dei limiti che imparerai a conoscere e che dovrai rispettare o la malattia non rispetterà te. Dovrai attivare una specie di risparmio energetico. Tutto cambia da paziente a paziente, si chiama multipla perché può colpire qualsiasi cosa. Non possiamo regredirla, non possiamo fermarla, possiamo provare a rallentarla.”
“Non mi hai risposto. Camminerò per sempre?”
“Non lo so. Ma questo non posso dirlo a nessuno.”
Passo l’ultima notte lì dentro. Penso al mio compagno, penso alla mia famiglia, penso al momento in cui cominceranno i pettegolezzi. Per mesi riesco solo a scriverlo, poi piano piano a dirlo, e poi a dirlo senza le lacrime agli occhi. Ho paura. Tanta e tutti i giorni. Ci sono mattine in cui mi sveglio e ancor prima di scendere dal letto mi sento stanchissima. Penso a cosa si è già presa, cos’altro si prenderà ed in quanto tempo.
Poi arriva la sera, arriva lui, quello che nel frattempo è diventato mio marito ma prima di tutto…il mio uomo. La mia forza, il mio sorriso, il mio amore, la mia vita. Beh…questo è mio…questo non se lo prende nessuno.
Frasi come pugnalate
Continuo a collezionare frasi che arrivano come pugnalate.
“Ma sai che non si direbbe? Sembri normale.”
Oppure
“Ma si, siamo tutti stanchi, e comunque guarda quello in TV, lui ha la stessa malattia ma fa anche sport”.
Tra le peggiori c’è:
“Ma…Non saprei…vale la pena fare progetti nella situazione in cui sei?”
Giustifico questo solo con il bisogno di riempire un silenzio imbarazzante. Che poi, sarebbe comunque migliore. Mi ha preoccupato per molto tempo l’idea di fare pena alla gente. Ora sono dall’altra parte della barricata. Sono io a provare pena per chi campa senza riuscire a rendersi conto di ciò che conta davvero. Riesco a sentirmi fortunata, anche se a volte scordo le cose, anche se a volte fatico a concentrarmi e sembro distratta…certe cose non le perdo di vista.
Jennifer
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Ciao,
Inutile cercare negli altri quello che tu sei!
Nessuno neanche chi ti ama più di se stesso può capirti ma ti ama e sta male per te.
La colpa non è di chi non ti capisce ma la “nostra” che gli diamo importanza non riuscirebbero mai a capirti neanche se vivessero ogni attimo con te!
Ma questi non possono impedirti di lottare vivere godere di quello di bello che può accaderti e neanche di amare.
Ama te stessa e poi chi pensi lo meriti.
Sono un “malato” come te ma non mi sento peggio di nessuno e sicuramente neanche tu lo sei …
Tranquilla Jennifer….. sono vent’anni che combatto con persone che non capiscono o non vogliono capire i nostri problemi .
Con il tempo ti renderai conto che i problemi sono solo nostri e dobbiamo superarli senza aspettarci nulla dagli altri. Forza e coraggio !!!!!
Certo che toccare il fondo, devo io tirarmi su. Solo chi ha la SM capisce cosa vuol dire avere quello zaino sempre più pesante sulle spalle e camminare sempre in salita impervia. Auguri a tutti di Buon Ferragosto
Bello quello che scrivi e come lo scrivi….mi sembra la mia storia…stessa durata è solo iniziata nel 1997 poi l ho scoperta nel 2013..sono o stata benone fino ad allora…ho due figlie avute nel 1999 e nel 2002…ora mi dico per fortuna che non mi ero accorta di niente…mi curo con interferone e protocollo coimbra….aspetto di poter iniziare l ocreluzumab….appena sarà in commercio..
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Dopo 10 anni dai primissimi sintomi e dopo 8 dalla diagnosi, ho più forza di mio figlio che ha 30 anni. Ho solo sporadicamente qualche giorno “NO”. Conosco altre persone come me. Coraggio!