Oggi pubblichiamo la storia di una bambina, ormai diventata grande, che ha incontrato la sclerosi multipla quando era molto piccola e che in questi anni ha dovuto fare un percorso su se stessa per ritrovare la serenità.
Ciao a tutti, non so con quale nome presentarmi. I miei amici mi chiamano Blue, per via del colore dei miei capelli, anche se adesso sono viola e quindi mi hanno dato il nomignolo di Cheshire Cat.
Ad ogni modo ho 19 anni e una diagnosi di sclerosi multipla quasi da 10. Sono in cura con l’interferone peghilato beta 1° e questa è la storia che forse non mai raccontato completamente.
La cosa che ricordo meglio è forse la prima notte di ospedale. La prima volta che ho avuto una crisi avevo 9 anni, quasi 10 e ricordo ogni minimo dettaglio. Da lì ho cominciato ad avere una paura folle degli aghi, a soffrire di claustrofobia e – lo dico oggi, con la consapevolezza di 10 anni di più – a formulare pensieri che una bambina di nove anni non avrebbe mai dovuto immaginare.
L’anno prima, i miei zii mi avevano detto che oramai ero grande, ma in quel momento a me non importava, perché mi sentivo piccola e impotente.
Sono stata in ospedale tre settimane, anche se a me, forse per un processo di distorsione del tempo, sono sembrati tre mesi. Finite quelle settimane mi hanno rispedita a casa e, dopo neanche un anno, ho avuto la mia prima ricaduta. Non potevo crederci.
Chiesi un mucchio di volte spiegazioni su cosa avevo e su quando sarei guarita, ma tutti mi parlavano di lesioni nel sistema nervoso, di macchie, di demielinizzazione. Parole e concetti troppo complessi per una bambina. In compenso, senza troppi commenti, mi diedero il mio primo farmaco: l’interferone beta 1b. Penso sia il peggiore che abbia mai fatto.
Da quel momento, comunque, ho conosciuto tantissimi medici, ma solo tre anni più tardi sono riuscita a conoscere davvero il nome del mio star male. Quando l’ho scoperto ho tirato il respiro di sollievo più soddisfacente della mia vita. È stato come uno svuotamento.
Il nome? Il nome era sclerosi multipla.
Bene! Sono sempre stata dell’idea che se dai un nome a qualcosa, quel qualcosa fa meno paura e fu così, ma non diventò certo una passeggiata di piacere.
Ho cominciato gradualmente ad accorgermi di piccoli fastidi alle mani, soprattutto alla destra. Io scrivo, disegno, suono il pianoforte e, senza le mani che obbediscono ai miei comandi, è diventato tutto più difficile.
Questo ha dato inizio ad un lungo periodo di depressione, di rabbia e di frustrazione e mi vergono un po’ a confessare che, in alcuni momenti, la mia mente è stata capace di pensare cose terribili e drastiche. Il motivo non era solo la SM, ma di sicuro questa non ha alleggerito il peso delle relazioni sociali.
Mi arrabbiavo e tutta questa rabbia si trasformava subito dopo in una strana apatia. Non so poi cosa sia successo. Circa un anno fa, infatti, è capitato qualcosa che mi ha fatto risvegliare da un sonno lungo dieci anni e che mi ha portata dove sono oggi. Ecco, questo risveglio mi ha portato un forte senso dell’ironia che mi accompagna sempre.
Ho cominciato a prendere tutto di petto, soprattutto la malattia. E cavolo se le tengo testa! Inoltre ha voluto iniziare un percorso che mi ha portato via via a limare quel brutto carattere causato da tanti dolori. A scatenare un po’ questo cambiamento è stato anche il mio attuale ragazzo che un giorno ha definito la mia rabbia «rancida». Quella parola è stata peggio di una coltellata, era una cosa terribile che mi ha spinto ad una svolta drastica.
Oggi devo dire grazie a chi ha sopportato quel caratteraccio, quella bestia che prima era dentro di me e che ora sto imparando ad addomesticare.
Potessi parlare con la bambina che ero, potessi materializzarmi in quella stanza di ospedale in cui ha cominciato ad avere paura del buio, le direi di stare tranquilla che a difenderla con tutte le armi ci sono io. Le direi che ce la farà perché non è così impossibile rialzarsi dopo averci combattuto, perché ne vale la pena.
Avessi saputo allora ciò che so adesso, avrei detto a quella bambina che presto sarebbe riuscita a riprendersi quello che la sclerosi multipla le aveva tolto e che avrebbe ripreso a camminare, a scrivere e che non avrebbe più vissuto nelle nebbie di un mondo in cui tutto è sempre sdoppiato.
Il testo di una canzone inglese recita più o meno queste parole: «Hai perso la ragione lungo il cammino. C’è così tanto di più […]. Liberati dai mostri nella tua testa […]. Puoi essere di nuovo Re».
Ecco, credo proprio di essermela ripresa questa corona. E allora un altro respiro profondo e si va avanti.
Grandissima e complimenti, cosi bisogna essere. Affrontare ogni cosa a testa alta e con ottimismo. Nel 2016 ho avuto esperienza di un periodo di depressione, è una malattia più grave della sclerosi multipla. Bisogna combattere, ma con la determinazione e l’affetto delle persone che veramente vi vogliono bene, si riesce sempre.
Carissima,
visto che sei, ancora, molto giovane oltre a non trascurare mai i consigli dei neurologi, ti consiglio di cuore di informarti sul significativo e positivo impatto che può avere l’alimentazione, lo stile di vita e le giuste integrazioni sull’evoluzione della malattia.
BRAVA , SONO CON TE ! CEL A FARAI ! NON MOLLARE !!!
IO CE L ‘ HO AVUTA A 29 ANNI ( la diagnosi) e adesso , a 64 anni appena compiuti , sono qui’ che ti leggo , ti scrivo , ci sento e parlo bene e …. cammino !!! CORAGGIO , NON MOLLARE ! ED USA LA TUA IRONIA !!!
CIAOOOO !!! 🙂 🙂 🙂
Anche io ho avuto i primi sintomi che ero ancora piccola avevo 14 anni… ed ho avuto sicuramente un’adolescenza tormentata ma anch’io ho fatto un grosso lavoro su me stessa e adesso che ne ho 31 di anni, sto benissimo, sono incinta e felice della mia vita, nonostante tutto quello che ho passato, ripenso a quei momenti di rabbia con una consapevolezza diversa e una forza diversa. Riuscirai a fare tutto quello che vuoi. In bocca al lupo 🙂
Ed io che pensavo di essere piccola per scoprire una malattia tanto terribile! Io avevo 16 anni quando ho avuto il primo episodio e ricordo perfettamente quanta paura avessi. Oggi ne ho 32 ed affronto la vita serenamente anche se i momenti di paura e difficoltà non mancano. Lo yoga aiuta tanto: te lo consiglio. Altro che gattina: sei una tigre!!!! Un abbraccio. Grazia