Un tema molto sentito torna su queste pagine. Parlare della propria sclerosi multipla non è mai facile, per questo quando si chiede a una persona con SM come sta, bisogna farlo in modo sincero, e facendo attenzione ad alcuni aspetti molto importanti.
Da tanto seguo questo blog, un luogo di incontro che mi offre molto sostegno, ispirazione e forza. Vorrei condividere con voi una delle cose che trovo più difficile e frustrante a livello di relazioni. Allo stesso tempo, vorrei lanciare un appello ai parenti e amici di persone con sclerosi multipla.
Sono stata diagnosticata nel 2014, ma le lesioni mostrano attività della malattia da almeno il 2008. Non mi lamento della mia situazione attuale: riconosco che potrebbe andarmi molto peggio. Nonostante tutto, a volte non è facile accettare di non poter più camminare tanto, di stancarsi subito, di sentire la mano destra debole e non sapere tenere le cose in mano oppure la gamba destra instabile e incapace di tenermi in un buon equilibrio.
Non è facile accettare di non riuscire più a fare trekking o giornate fuori a camminare sulle montagne. E sì, c’è di peggio sono d’accordo, ma per me è comunque un cambiamento che ancora devo totalmente accettare. Senza contare il fatto che praticamente per me camminare non è più un’azione che viene in maniera automatica e spontanea, ma sento che mi richiede sforzo cognitivo e attenzione (e mi causa anche un po’ di preoccupazione).
Ciò nonostante vivo la mia vita facendo quello che ho sempre fatto: viaggiando, lavorando, facendo e insegnando yoga, studiando. Sono sempre stata una persona piena di passioni e di impegni e, rispettando i miei tempi e le mie energie, continuo a fare tutto con il mio stesso entusiasmo di sempre (con alti e bassi ovviamente).
E questo entusiasmo apparentemente rende la mia situazione fisica meno credibile. Ho amici in giro per tutto il mondo, a cui ho sempre raccontato tutto – perché per me non c’è niente da nascondere, ho la sclerosi, mica ho ammazzato nessuno!
Durante le mie rimpatriate con amici che non vedo spesso o con parenti o persone a me vicine arriva sempre quel momento in cui il mio interlocutore assume una faccia seria e un’espressione corrucciata e di solito poi esordisce con un “e tu, insomma, come va con….la tua situazione?”. E io, nella maniera più disinvolta che posso – per la maggior parte delle volte cercando di non piangere perché appunto come ho detto ancora non ho accettato tutto – dico che “si è sempre tutto uguale”.
Cerco di tenermi sul vago, perché sinceramente non sono proprio in vena di parlarne ogni giorno (o meglio ancora non ho capito quando e come mi fa piacere parlarne e quando no). “Perciò bene?” Mi fanno loro. E io – che gliel’ho già detto che ho metà del mio corpo che si sente tipo imbarazzato e strano da un anno almeno- non me la sento di mentire e rispondo in diverse varianti di cui il concetto è quello della mia realtà quotidiana “sento la mia parte destra del corpo perennemente leggermente dolorante, sensibile in maniera diversa, debole e ho qualche problema a camminare” – versione che appunto lo stesso interlocutore ha già sentito almeno due o tre volte prima, dato che fortunatamente sono piuttosto stabile, o insomma, in lento declino.
Allorché il mio interlocutore, per una ragione che non mi riesco bene a spiegare, inizia a sminuire “ma pensa, a me sembrava di vederti proprio bene” (sì grazie, sono seduta su una sedia mentre ti parlo, sono piuttosto a mio agio e ad ogni modo cerco di non ostentare il disagio). “Eppure sembri così felice!” (scusa, cercherò di essere più triste e affrontare con più pessimismo questa malattia che probabilmente non se ne andrà mai dalla mia vita e potrebbe potenzialmente peggiorare). E allora mi chiedo, cosa lo spinge a farmi sentire come se “non sto infondo così male”? Forse in realtà il mio interlocutore non voleva una risposta sincera! Ha chiesto per essere gentile? Per dimostrarsi interessato?
Ecco, cari interlocutori.
Cari parenti, amici, amanti, cugini, zii e nipoti. Ve lo dico qua perché se ve lo dico a voce piango. Ognuno ha i suoi problemi nella vita e spero di essere sempre pronta ad ascoltare i vostri senza cercare di sminuirli, ma piuttosto cercare come posso di sostenervi – e se non posso semplicemente mi limiterò ad annuire e dire “mi dispiace”.
Io vi voglio tanto bene, apprezzo il vostro interessamento e il vostro coraggio nell’affrontare un argomento che vi mette in imbarazzo perché delle cose tristi e delle malattie non si parla spesso. E capisco che possiate non immaginarvi come ci si sente a sentirsi dire certe cose. Sono sicura che voi avete tutte le migliori delle intenzioni. Cercherò di trovare perciò un compromesso tra di noi: volete parlare della mia malattia? Bene, cercate di ascoltare e basta. Volete farmi sentire come se dovessi stare peggio per essere credibile ai vostri occhi come persona affetta da sclerosi multipla? Bene, non parlate e non chiedete allora. La sclerosi multipla è varia e difficile. Se volete ascoltare, ascoltate. Se cercate solo un modo per farmi rientrare a pieno titolo in una categoria che avete nella vostra testa, sinceramente non mi interessa proprio cercare di convincervi.
E voi, cari interlocutori potenziali, cercate di capire se la persona con cui parlate ha veramente voglia di parlare dei suoi problemi. Se lo fa, potrebbe comunque non essere un processo facile. Abbiate tatto, anche se la persona appare forte. E soprattutto fatevi un esame di coscienza. Non chiedete per vostra curiosità. Chiedete perché ci tenete all’altro e volete mantenere un rapporto sincero e di fiducia. Prendete sempre in considerazione il fatto che non fa piacere sentirsi sminuiti né tantomeno “poco malati”. Viviamo tutti i giorni situazioni difficili da descrivere e non ci serve anche il giudizio degli altri.
Con affetto!
I.
Se vuoi raccontare la tua storia su questo blog scrivi a blog@giovanioltrelasm.it
Quando mi chiedono come sto rispondo: uno schifo, come sempre.
Se non piace la risposta evitino di chiedere. Anche perché c’è chi lo fa solo per pulirsi la coscienza
Quando me lo chiedono, dico “malissimo grazie”. Finisce subito lí il discorso ed é chiuso.
Questo dico io.
Saluti
Lo sappiamo che il cuore intercetta ciò che abbiamo di fronte prima di qualsiasi ragionamento, perciò rispondiamo di conseguenza. Non credo sia facile conoscere l’alfabeto ruvidissimo della sm e allora si può perdonare parole poco appropriate se vengonoo da un cuore sincero e coraggioso. In una intervista Ezio Bosso ha detto: “sono un uomo con disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono” teniamone conto. Ciao
grazie mi hai letto nel pensiero, è proprio così!
Io sono particolarmente sensibile di fronte a tutto ciò in quanto la malattia mi è stata diagnosticata a novembre 2019 e nel giro di sei mesi mi ha stesa. Nonostante ciò rispondo alle persone con “tutto bene dai” ma è frustrante il fatto di sentirsi sbattere in faccia “io ti vedo bene, non sembri malata” ma che ne sanno loro, come si può affrontare un argomento simile con così poca sensibilità mi chiedo?!
Basterebbe così poco e invece talvolta mi ritrovo per quella che usa la malattia come scusante per ogni cosa, che amarezza!!
Classe 1988. Diagnosticata nel 2012. Ognuno dei miei arti ha sensazioni diverse e problematiche di forza e resistenza assolutamente diverse una dall’altra. Quando provo a spiegarlo, mi viene da ridere. E siccome sorrido praticamente sempre mi sento dire “ma tu sei forte” oppure “la vivi bene, ti invidio, ho non so se ce l’avrei fatta”.
Beh NON SIAMO EROI. Siamo gente che HA DOVUTO IMPARARE A NUOTARE NELLA M*RDA.
E non è che perché viviamo la nostra vita allora “e’ tutto normale”. NO. Perché TUTTO CI COSTA UN’ENORME FATICA, molta più di quanta chiunque possa anche solo immaginare.
Grazie a te che hai scritto queste parole, non avrei potuto trovAre parole migliori per descrivere il mio stesso pensiero.
Tesoro mi hai tolto le parole di bocca, o meglio hai concretizzato un pensiero che non osavo mettere nero su bianco. Io rispondo sempre “bene, grazie “, è quello che vogliono sentirsi dire nella maggioranza dei casi è poi tanto far sapere agli altri che stai male non cambia la situazione. Ti saluto con affetto vero
A seguito di 20 anni di SMRR comprendo benissimo, qnti “sfotto'” ma dai, sei tu esagerata…
Allora, oggi: “alla domanda ma come stai?”
Rispondo, mai peggio, oppure andiamo avanti. Esatto, meglio essere vaghi ma poi a chi frega davvero come stai, hanno solo da ridire, tu ti adagi è psicologico il problema..
Giuro, se non lo vivi non puoi capire minimamente, quindi, stai zitto.
Ho imparato a sostenere che nella vita non bisogna “mai dire mai e mai dire sempre”.
Prima o poi scrivo un libro!
A me non chiedono niente.” Cosa volete che sia la mia sclerosi multipla ” perché apparenteme non si vede nulla e così non mi viene voglia di parlarne, di cercare conforto